Matrimoni

Siamo quasi alla fine del “Corso Samuele”, un programma spudoratamente plagiato da quanto il Card. Martini iniziò anni fa a Milano, e il PIME continua da 25 anni a Villa Grugana: una serie di incontri per aiutare giovani a riflettere sugli elementi fondamentali per vivere la vita come vocazione. Ogni tipo di vocazione.
La nostra seconda esperienza qui a Dhaka sta felicemente avvicinandosi alla conclusione dei 9 incontri di una giornata ciascuno, con circa 60 ragazzi e ragazze sui diciott’anni.
Incontro n. 7, sulla vocazione alla vita matrimoniale. Vivace presentazione del relatore principale poi, come al solito, testimonianze. Invitiamo due coppie, una giovane (6 anni di matrimonio) e una più matura. “I primi tempi con mia moglie – inizia il marito junior – non sapevo bene come comportarmi: eravamo insieme giorno e notte, e non ci eravamo mai visti prima del matrimonio… dovevo capire che tipo era lei”. Lei annuisce sorridendo. Ascolto con profonda preoccupazione: che razza di messaggio comunicheranno ai giovani? Poi la moglie senior: “Avevo visto il mio futuro marito in fotografia, e mi era parso attraente, ma quando l’ho incontrato, il giorno delle nozze, l’ho trovato molto diverso, piuttosto brutto…” E via raccontando.
Il messaggio? Due matrimoni ottimamente riusciti, e a dirlo non erano soltanto le parole.
Il segreto? Pregare molto insieme, e prendere sul serio le promesse che ci siamo fatti sposandoci.

Giubileo

Cinquanta volte ho mandato a Banglanews schegge, per un totale ben superiore a 300 pezzi, numero indubbiamente molto più alto di quello dei miei lettori.
Banglanews mi conferisce la Laurea Honoris Causa. Mi verrà consegnata, insieme ad un cospicuo premio in denaro, da Bruno Guizzi e Giuliano Bernini (in frac e farfallino) sul promontorio della Montagna Spaccata a Gaeta, davanti a un pubblico selezionato.
Per l’occasione si realizzeranno un simposio di scheggiologia, una festa popolare (con salcicce), un documentario commemorativo, il premio giornalistico “Scheggia d’oro”.
Vari studi verranno pubblicati nel 2010: “Le schegge e i cambiamenti culturali euroasiatici nel XXI Secolo”, “Le schegge e il rinnovamento della missiologia”, “La spiritualità delle schegge”, “Psicopatologia dell’Autore delle schegge”, “Leggere le schegge senza addormentarsi”, e altro.
Non mancheranno polemiche alimentate da vari pamphlet: “Le schegge giovano a Berlusconi!”, “Le schegge? Un rigurgito della sinistra stalinista”, “La cattiva teologia delle schegge”, un giornale rivelerà: “Abbiamo le prove: l’Autore è pagato dalla CIA”, mentre verranno diffusi volantini in italiano e in arabo: “L’Islam è in pericolo! L’Autore offende il Profeta!”.
Ricevuta la laurea (e riscosso il premio in denaro) vado in pensione: i lettori ne hanno diritto.

Allucinazione

Sssssssssst…sssssssssssst…ssssssssst… Stordito dall’orrenda cacofonia di clacson, motori, altoparlanti, da fumo e polvere calda che entrano nei polmoni, dal continuo zigzagare fra passanti e auto, su e giù per marciapiedi sconnessi e ostruiti, mi pare di percepire un flebile, assurdo sibilo intermittente che mi fa trasecolare. E’ un ricordo d’infanzia: Evelina, la nonna, le vacanze, la stalla… Non è possibile. Mi blocco sul basso ponte che attraversa il laghetto di Gulshan e tendo l’orecchio. Ssssssssssst……sssssssssst……….ssssssssssst. Non posso proseguire senza controllare se il sibilo è nella mia memoria allucinata, o se è reale. Scendo la scarpata alla fine del ponte, sommersa da rifiuti, mi guardo attorno. Sotto il ponte, tre grosse mucche ben pasciute a foglie di cavolo raccolte da scarti del mercato, e un uomo che munge. Una tetta alla volta, con calma, centrando con il getto di latte il collo di una bottiglia vuota.

Orologio

Oggi le letture della Messa ci offrono le riflessioni di Paolo sulla gratuità della salvezza, che non viene dai nostri meriti, ma dall’amore di Dio in Cristo. Il vangelo è la durissima accusa di Gesù ai Farisei che si sono impadroniti delle le chiavi del regno, non lasciando entrare gli altri e senza entrarci loro. Paolo era un Fariseo, poi convertito, ma come veramente?
Mi viene in mente un orologio.
Rina è una ragazzetta sui 17 anni, che aiuto a studiare al liceo vivendo in un ostello, qui a Dhaka. Ho visitato la famiglia: mamma e papà malandati in salute lavorano a giornata, due sorelle cui non possono pagare gli studi, un fratellino in prima elementare. La casa è in canne di bambù, senza nemmeno l’idea di un mobile: per ricevermi si sono fatti prestare uno sgabello dai vicini.
Quattro giorni fa, alzando gli occhi verso il cancello ho visto Rina, lunga treccia nera e divisa scolastica un po’ infantile, che parlava con il guardiano. Credevo volesse incontrarmi, invece se n’è andata. Verso sera, il guardiano smonta e mi porta un pacchettino: “L’ha lasciato Rina”. Contiene un orologio nuovo, e due righe: “Ho visto che il tuo orologio non funziona bene, voglio avere la gioia di regalartene uno io”.
E’ certamente una patacca, imitazione bengalese di un modello cinese che imitava un orologio giapponese copiato da quelli svizzeri, ma per ora funziona. L’ha certamente comprato con i soldi che le do io, ma deve averli messi da parte a poco a poco rinunciando a qualcosa. Sa che di orologi così me ne posso comprare 10 in un colpo solo. Però me l’ha regalato.
Ecco, credo che la conversione di Paolo sia stata questa: ha capito che il nostro rapporto con Dio è bello non perché siamo in gamba e facciamo tutto bene, ma perché  – come Rina ha fatto con i miei soldi – siamo contenti di regalargli un orologio usando i suoi.

Autorevolezza

I primi autobus del mattino sono vecchie carrette affittate da  un autista e un amico. Il primo guida, il secondo fa pagare la tariffa ai passeggeri. Nessun biglietto. A strade ancora quasi vuote si viaggia che è un piacere, ma il problema è trovare passeggeri sufficienti a guadagnarci qualcosa. Ad ogni fermata, mentre il secondo si sgola e corre tutto intorno per attirare passeggeri insonnoliti, l’autista aspetta. Avanza un metro per far intendere che parte, si ferma, strombazza…
All’interno, sparpagliati su aggeggi simili a sedili, guardie notturne che tornano a casa, addetti alle pulizie che vanno al lavoro, ragazze delle fabbriche di abiti, qualcuno che va alla stazione. Un minuto, due, tre, quattro… siamo sempre lì. Con voce ferma e autorevole la guardia notturna ingiunge all’autista: “Insomma, parti!”. “Che succede? – interviene minaccioso lo scopino comunale – Non tollero ritardi, vai!”. Dopo un attimo di silenzio il lavapiatti del ristorante dice la sua: “E’ inaccettabile, o parti, oppure…”.
La storia si ripete ogni giorno, e ogni volta l’autista non fa una piega, non risponde e non parte, mentre il secondo continua come se niente fosse a strillare per cercare passeggeri. Nessun risultato, ma nessuno rinuncia al piacere di esprimersi con l’autorità di un padrone severo, o di un generale di corpo d’armata. E’ il momento magico, non serve a sveltire i tempi, ma aiuta a trascorrere tutto il resto della giornata ricevendo – in silenzio – ordini, insulti e minacce dai padroni veri.

Altro mondo

S’avvicina con il faccino triste, facendo il gesto di chiedere l’elemosina. Alto un soldo di cacio, si batte la mano sullo stomaco, poi fa il gesto di mangiare, con uno sguardo sempre più implorante… Dall’interno dell’auto su cui ho trovato un passaggio lo imito sorridendo. Mi guarda stupito, poi ride. Un attimo, e arrivano altri cinque o sei marmocchi. Schiacciano il naso sul vetro per scoprire il misterioso interno di un’auto, mi parlano, commentano fra loro. Hanno voglia di comunicare, nessuno più chiede nulla.
L’auto riparte. Com’è il mondo interiore di questi bimbi?  Con quali occhi vedono la realtà che li circonda?

Rocket Fadar

Un soprannome che dice molto sul suo carattere attivissimo, sempre di corsa e con mille progetti, a volte un po’ aggressivo e impulsivo, ma che non riesce a far paura a nessuno. La sua passione, fin dai primi anni in Bangladesh, è stata l’emancipazione delle donne fuori casta, nella zona di Khulna. Per loro – migliaia – pazienza, lavoro instancabile, coraggio e fantasia di creare opportunità di lavoro. Alcune sono arrivate a produrre pezzi d’artigianato eccellenti. Poi la giustizia sociale, i giovani… Ultimamente ha accettato la responsabilità di un piccolo gruppo di bambini di strada, rivelando un aspetto di sé poco conosciuto: una tenerezza materna.- Ci siamo incontrati nella primavera scorsa, quando ha partecipato agli Esercizi spirituali con noi del PIME. Non come “Padre Razzo”, ma con intensità e serietà. Abbiamo vissuto qualche ora di condivisione, che mi ha rivelato la sua ricerca di Dio dentro le molte attività, il suo umile sapersi interrogare sul lavoro che fa.
La sbandata di un camion che veniva dalla direzione opposta lo ha ucciso lunedì 5 ottobre a Savar, mentre guidava la sua macchinetta da Khulna verso Dhaka. P. Giovanni Abbiati, saveriano originario di Sondrio, 61 anni, prete dal 1973.