Pronunciare il nome della persona a cui, o di cui, si parla è sconveniente. Si ricorre al ruolo (maestro, falegname…) o ad appellativi forgiati per l’occasione, come zia, sorella maggiore, cognato, nonno…; il termine inglese “uncle” (zio) diventa sempre più popolare per indirizzarsi a un anziano. Oppure alla “identificazione indiretta”: “La mamma dei miei figli”, dice un uomo per parlare della moglie; il fratello di Parimal, la figlia di Ashis, il padre di Anthony… In bengalese ci sono oltre cento parole per indicare le parentele, con notevoli differenze di uso fra musulmani, hindu e cristiani. Quando riesco a sapere che la persona con cui ho parlato ieri si chiama Rita, il giorno dopo mi telefona presentandosi come “la madre di Kusum”. Una giungla disperante per chi, come me, fatica a ricordare i nomi.