Piove forte, fuori stagione, ma sono pur sempre un centinaio i ragazzi e ragazze (meglio dire bambini) “di strada” radunati da Fratel Lucio per l’ottavo loro Festival, ospitato nella prestigiosa scuola “St. Joseph”, il 25 ottobre. Arrivano da vari quartieri di Dhaka, dove gli oltre 40 volontari di ogni ceto, età e religione li visitano ogni settimana giocando con loro, provvedendo ai malati, insegnando qualcosa, soprattutto facendo sentire che non sono abbandonati. Si apre la giornata con un “mago” che fa strabilianti giochi di prestigio, poi si passa a lavori manuali divisi in varie salette, e mentre da pezzetti di carta nascono fiori, bambole, disegni, un medico professore universitario si ferma un po’ in ogni aula per curare mali di pancia e bronchiti, medicare tagli e infezioni, consigliare. Segue un pezzo teatrale realizzato da una piccola compagnia: storia di animali parlanti, un gran ridere. Poi… il miracolo: sono passate le 14 e abbiamo tutti una fame da lupi. I ragazzi si dispongono attorno a grandi tavoli preparati nella hall aperta al piano terra, i volontari portano di corsa fumanti, profumati piatti di riso, con uovo, carne, verdure. Ma nessuno tocca nulla, si aspetta che l’ultimo piatto sia portato all’ultimo ragazzo, e la preghiera, poi via!
Non è finita. Dopo danze, canti, condivisioni, per evitare i temuti disordini politici, che infatti avverranno, si anticipa il ritorno… sulla strada.
Tre studenti che ho portato con me per vedere, commossi, stentano a lasciarli…
Caro Padre Franco, a chi mi chiede della mia esperienza in Bangladesh, non dico altro che ho conosciuto una comunità di uomini che per fortuna non sanno quanto siano superiori. Prima pensavo che questo capitasse solo agli studenti di medicina di non avere consapevolezza della loro particolarità di essere votati alla cura degli uomini, e di non avere mai la tentazione di sentirsi per questo superiori. Ora, lo ammetto con una gioia fraterna che mi fa balzare il cuore, conosco altre inconsapevolezze, di voi, che camminate per le strade del mondo con questo compito meraviglioso di promuovere la vita di tanti fratelli, come fosse una cosa semplice e naturale. Vi ho visti. Vi ho guardati con occhi fraterni, ma attenti, e di voi ho potuto capire tante caratteristiche che mi hanno fatto bene. Ho visto la semplicità e la profondità, la dedizione senza tempo e calcolo, se non quello di misurarsi con un mare di bisogni e di saper quadrare i conti alla fine, per avere sempre una necessità a cui provvedere. Ho visto il vostro essere prossimo e a me, che mi picco di essere antropologo, ha dato una lezione splendida. Si diventa prossimo con una buona dimenticanza di sè. Si diventa prossimo quando non si ha un narcisismo che ci distragga. Complimenti a voi tutti, complimenti a fratel Lucio per questa azione meravigliosa che tocca direttamente l’anima. Con affetto Raffaele