Leggendo

Perché mi piace la “Esortazione Apostolica” di Papa Francesco “La gioia del Vangelo”? Provo a scoprirlo.

1. Quando parla della Chiesa, Francesco non pensa prima di tutto a vescovi, papi, preti,  suore e affini, e poi ai laici, con precedenza ai “laici impegnati”. Pensa ai papà e alle  mamme che faticano ad andare in chiesa alla domenica, e magari non ci vanno sempre;  che mandano i bambini all’oratorio e non sanno che pesci prendere quando diventano  grandi e non ne vogliono più sentire; ai vecchi che vorrebbero fare qualcosa ma non  trovano spazi; ai malati che pregano o si disperano; alle mamme; a chi non ricorda più la  strada che porta alla chiesa; ai movimenti, alle parrocchie, alle opere caritative e  missionarie; ai santi che non andranno mai sugli altari. Fra tutti loro, con tanto affetto e  attenzione – pensa alle suore, ai preti, ai vescovi, che si dedicano a questo popolo  variegato. Un popolo bello e zoppicante, che incoraggia ad aprirsi, senza paura di  sporcarsi; lo pensa prima di tutto quando sta nelle strade, nelle case, nelle officine e negli  uffici, nella politica. Sì, fra le tante, belle immagini di Chiesa che la Bibbia ci offre, ha  davanti agli occhi quella di “Popolo di Dio”: non un’idea, ma un’esperienza di cui è  innamorato.

2. Questa Chiesa è sparsa per il mondo, grande e piccola, da secoli o da pochi anni. Si  sente che nell’esporre difficoltà e prospettive, crisi e speranze, Francesco non guarda il  mondo facendo a partire dall’Occidente, e che il resto del mondo non è solo un’aggiunta…

3. Questa Chiesa non è un monolito che accetta con qualche fatica alcune differenze  culturali, preoccupata soprattutto di controllarle; è una sinfonia di popoli diversi in cui il  Vangelo lavora, trasforma, si riesprime. L’unità è il comporsi in armonia dei diversi, qui sta  la sua bellezza. E se c’è qualche stonatura, niente paura, si metterà a posto: l’importante  è che tutti insieme tentiamo di suonare “un canto nuovo”.

4. In questo Popolo di Dio i fedeli non sono fatti in fotocopia, con qualche variante. Sono  ognuno una storia, umana e di grazia. I carismi sono la sua ricchezza e bellezza, il  cammino la sua dimensione. La fede non è “prêt à porter” (si scrive così?), che com’è  fatto s’indossa e si porta fino alla fine. Certo, non ce la costruiamo a piacere, la  accogliamo dalla Chiesa, ma diventa cammino personale e di insieme, con tempi,  esperienze, maturazioni, errori e santità diverse, irripetibili – da accompagnare.

5. La missione non è prima di tutto organizzazione, programmi, speciali vocazioni. Siamo  noi messi in mezzo a tutti, con la nostra fede anche se debole, con i nostri doni e carismi  anche se poveri. Il dialogo non si fa con le religioni, ma con uomini e donne di ogni  religione, incontrandoli, facendo amicizia, condividendo, rispettando e amando ciò che  essi sono e credono, non perché “tanto è tutto uguale”, ma perché tutti siamo immagine  di Dio, in tutti opera misteriosamente lo Spirito, tutti devono lottare contro il male.

Ci sarebbe tanto altro da dire, ma basta questo per essere contenti come pasque, anche se a Pasqua manca ancora molto.

Khidirpur

Nel muro di giornate, blocchi e scioperi che ci affligge, il Vescovo Sebastian ha colto al volo uno spiraglio il 31 dicembre, e in tutta fretta ha anticipato l’apertura di un nuovo centro nella diocesi di Dinajpur, Khidirpur, che era stata programmata per il primo gennaio. La gente ha accorciato i grandi festeggiamenti in programma, ma era contenta lo stesso.
Khidirpur: un villaggio ancora senza energia elettrica, ai margini di un grande bosco, cosa rara da queste parti! Il Centro: un piccolo gruppo di casette fra cui la cappella. Vi fanno capo 23 villaggi, quasi tutti Orao, alcuni cristiani e altri interessati ad avvicinarsi alla Chiesa. Lo aveva fortemente voluto p. Carlo Menapace, parroco di Mariampur, che aveva fatto i primi passi per la fondazione nel 1991. Poi il tumore ce lo portò via a poco più di 40 anni, e fu P. Quirico Martinelli a raccogliere l’eredità e svilupparla; lo seguirono altri, PIME e poi diocesani, fino ad oggi.
Ha una comunità affiatata e simpatica che, con la sua organizzazione, insistenze, e promesse di collaborazione, ha convinto il Vescovo a fare i passi per formare una vera parrocchia. Dal 31 dicembre vi abitano e lavorano p. Ovidio Lakkra, diocesano, e Almir Magno, missionario brasiliano del PIME, appena sfornato dalla scuola di bengalese. Beh, dire “sfornato dalla scuola” è decisamente improprio: a scuola ci andava davvero, ma prendendosi numerosi spazi di respiro per dare sfogo alla sua esuberanza. Fin dai primi giorni s’è tuffato nella vita quotidiana di Dhaka, in mezzo ai giovani, e il bengalese l’ha imparato soprattutto con loro e… facendo il tira-molla sui prezzi con i venditori alle bancarelle. Appresa la notizia che gioca molto bene al calcio, ragazzi e ragazze di Khidirpur sono esplosi in grida e applausi di gioia, proclamando di essere sempre stati sostenitori del Brasile. Tutti, eccetto due che hanno coraggiosamente rivelato di essere tifosi dell’Argentina…
Nel discorsetto di circostanza ho ricordato brevemente p. Menapace. Sono venuti i più adulti a ringraziarmi commossi…

Votazioni

Cambia leggi, sciopera, protesta, picchia, blatera, ammazza, brucia, distruggi… alla fine le elezioni parlamentari si sono svolte il 5 gennaio, con tensione alle stelle e gran paura. 153 deputati erano già nominati perché i maggiori partiti di opposizione si erano ritirati e nessun altro era candidato oltre all’Awami League (AL). La quale, trionfante, ha fatto votare per i restanti 147 seggi sfidando strapelati rappresentanti di 3 o 4 partitelli insignificanti e qualche transfuga presentatosi come indipendente.
Ma se è così, chi andrà a votare? Un giornalista cattivello ha registrato le istruzioni di un candidato di AL ai suoi sostenitori: “Andate ai seggi in gruppi di circa 100 e mettetevi in fila. Man mano che ciascuno vota, torna in coda alla fila, aspetta e, arrivato il suo turno, vota di nuovo. Così una, due, tre volte, fino alla fine della giornata. Non si dirà che non c’era nessuno, e i giornalisti vedranno un buon numero di partecipanti ordinatamente in fila. Oltre tutto, alla fine avremo molti voti!”
Il furbacchione poteva ricordare un altro vantaggio ancora: il cittadino medio, dovendo andare al seggio in una giornata molto fredda, e sotto la minaccia di quei mascalzoni dell’opposizione, sarà ben contento che qualcuno si prenda la pena e il rischio di votare al suo posto, mentre lui se ne sta tranquillamente in casa a guardare la televisione…
La furbizia non è bastata. I giornali hanno pubblicato foto di seggi elettorali desolatamente vuoti, e di avversari che bastonavano i pochi che si avventuravano a votare. AL dice di avere vinto…

Superlavoro

Anche durante gli “oborodh” (blocchi della circolazione) che ci affliggono, per fortuna le ambulanze possono circolare liberamente. Due o tre casi di ambulanze date alle fiamme non fanno testo. Per questo le orecchie dei cittadini sono continuamente lacerate da sirene spiegate: quelle della polizia o altre forze dell’ordine, dei pompieri, e quelle delle ambulanze: di solito restano anche loro bloccate nel traffico, ma ora vanno come frecce sulle strade libere e possono fare un sacco di corse. Paghi una tariffa extra e ti fanno servizio di taxi anche se sei sano come un pesce…

Fede vissuta

15 novembre, chiusura anno della fede. La situazione del Paese costringe a cancellare la programmata Assemblea della diocesi di Dinajpur, si incontrano solo i preti e qualche suora. Oratori sono P. Livio Prete, che parla della fede vissuta dalla Chiesa nascente, nei primi secoli, quasi 2mila anni fa, e P. Marcus Murmu, che esamina la fede vissuta dalla Chiesa di Dinajpur nel suo primo secolo e mezzo di vita.
P. Marcus distingue nella sua storia tre periodi con caratteristiche diverse.
1) Dall’inizio (circa 1900) fino al 1970 si compiono i primi passi. Pochi cristiani, ma fede semplice, forte, frequenza alle celebrazioni vicina al 100%, timore di Dio. I pochi missionari, hanno buon nome presso tutti, spendono quasi tutto il loro tempo e le loro energie visitando i villaggi a piedi, o su carri da buoi, fermandosi con la gente, confessando e predicando. Sono affiancati da catechisti senza speciale preparazione, formatisi alla scuola diretta dei “loro” preti che li tengono accanto a sé e in cui hanno piena
fiducia, come nelle suore. Sono uomini semplici, spesso carismatici nella loro capacità di raccontare di Gesù e insegnare. I cristiani crescono lentamente nel numero, spesso con grandi sacrifici perché la società non li accoglie, o addirittura li perseguita. Alla fine del periodo tutto dipende ancora dai missionari, ci sono soltanto tre preti locali.
2) Dal 1971 al 1990 moltissimo cambia a causa della terribile guerra da cui nasce il Bangladesh indipendente, devastato da stragi, distruzioni, cicloni, miseria. La Chiesa, una delle poche istituzioni funzionanti, ha prestigio all’estero, può fare da ponte, e sente il dovere di impegnarsi allo spasimo. Il PIME manda un grosso gruppo di missionari, arrivano aiuti economici massicci, si organizza il CORR (poi Caritas) che fa un lavoro enorme di assistenza e ricostruzione, acquista prestigio, dà speranza. Entrano idee nuove, crescono di importanza la cura per la salute e l’istruzione, le “credit union” (forme di risparmio locale), il riscatto delle terre dei tribali, la valorizzazione delle culture locali nella liturgia e nelle preghiere. I benefici per la gente sono incalcolabili. Arrivano biciclette e motociclette, pian piano scompaiono le lunghe, lente visite ai villaggi: ora invece si va e torna in giornata, si sta meno con la gente. Aumentano le conversioni.- Aumenta anche il senso critico, calano leggermente il fervore e la percentuale di frequenza alle celebrazioni. Gli anziani dicono: “I padri una volta pregavano di più, le loro benedizioni erano più
efficaci…”. Sembrano in calo pure l’attenzione alle vocazioni presbiterali, e l’importanza data alla predicazione. Qualche defezione fra preti e suore scuote la cieca fiducia che i fedeli avevano in loro.
3) Dal 1991 a oggi la Chiesa si organizza e si struttura, i Vescovi preparano “piani pastorali” nazionali e locali, la formazione culturale e spirituale di catechisti e religiose viene curata meglio e cresce di qualità, nascono diverse associazioni e i consigli pastorali, si insiste su giustizia, pace, dialogo, e si cerca di evangelizzare anche nuovi ambienti. Cala il numero dei missionari esteri, entrano in diocesi religiosi e religiose locali di altre congregazioni. Si torna a dare importanza all’annuncio, dalla diocesi di Dinajpur nasce la diocesi di Rajshahi, ma il numero complessivo torna rapidamente ad essere lo stesso di prima, e si cresce di circa 1500 nuovi battezzati all’anno. Oltre ai Protestanti “tradizionali”, presenti da tempo, entrano o si formano nuove aggregazioni ecclesiali evangeliche, spesso settarie, che creano divisioni.
Abbiamo più parrocchie e sottocentri, un monastero contemplativo, un centro di spiritualità, un santuario mariano. Si presta molta attenzione anche all’istruzione superiore e alla formazione di leader. Il clero locale aumenta, e ora ha la responsabilità di quasi tutte le parrocchie e organizzazioni diocesane.
Quale il bilancio?
P. Marcus vede una grande crescita nell’istruzione, e anche nel numero di laureati fra i cristiani. In generale, maggiore consapevolezza nelle proprie scelte. Le donne sono più rispettate e più coinvolte. Si aprono nuove prospettive di lavoro, non solo nei campi ma anche in officine, uffici, insegnamento… qualcuno emigra per lavoro all’estero, altri verso Dhaka. Anche l’agricoltura ha fatto progressi. Le superstizioni perdono di importanza, abbiamo cristiani appartenenti a nuovi gruppi sociali, in nuove aree.
Ci sono anche risvolti negativi: si fa strada una mentalità individualista che comporta minore obbedienza alle regole ecclesiali e sociali, minor frequenza religiosa. Diversi matrimoni falliscono, ci sono unioni illegali. Alcuni abbandonano la Chiesa o passano ai gruppi evangelici. Il tessuto sociale tradizionale dei villaggi si sfilaccia, si creano divisioni addirittura con ricorsi ai tribunali civili. La vita di fede sembra più debole: c’è, ma forse incide meno nella vita e nella morale.
L’anno della fede si chiude, il Vangelo continua il suo cammino nella nostra Chiesa e nel nostro popolo…

Che sta succedendo?

Tanti mi chiedono: ma che succede in Bangladesh? Le notizie sporadiche, allarmiste, imprecise non permettono di farsene un’idea. Rimando alla “Scheggia” intitolata “Il Vaso di Pandora”, del 13 aprile 2013, che purtroppo era azzeccata. Da allora la situazione è rimasta uguale, anzi, è peggiorata. I contendenti sono diventati più irrigiditi e incattiviti, la violenza più diffusa e crudele, specie gli omicidi politici, più isolato il governo, nel Paese e sul piano internazionale, più sconcertati gli esperti e scoraggiata la povera gente. Stiamo certo molto meglio della Siria, dell’Iraq, e anche dell’Egitto, ma si vede nebbia fitta
all’orizzonte.