L’anno scorso ho comprato un campo. Non chiedetemi quanto grande, perché ve lo so dire solo in misura bengalese (4 biga e 1/3) e non so come spiegarlo in misure italiane. Non immenso, comunque. L’ho comprato con i vostri soldi, presentando un progetto al fondo “5×1000” messo a disposizione del PIME, grazie a chi lo ha scelto come destinatario di questa fettina di tasse che il governo assegna ad usi sociali gestiti da organizzazioni non governative. Il progetto si chiamava “Riso per crescere”, perché il campo va coltivato a riso, che – debitamente raccolto, trebbiato, ecc. – sfamerà ragazze e ragazzi del centro “Snehanir”, che devono appunto crescere.
L’altro ieri sono venuto a Rajshahi, ospite di Snehanir, dove sta per tenersi il pellegrinaggio annuale dei “diversamente abili”. A cena hanno messo in tavola alcuni “ciapati”, che sono una specie di pane simile alle piadine, anzi meglio, le piadine sono simili ai ciapati. Ne prendo uno, e m’accorgo che tutti mi guardano curiosi, mentre lo addento. Buono, ma… che c’è? “C’è – mi dicono trionfanti – che li abbiamo fatti noi, con la farina del primo raccolto del “tuo” campo!”. Il campo di riso, per questa volta ha dato frumento, non solo, ma anche se voi saggiamente direte che sono impressioni psicologiche legate al fattore emotivo, ecc. vi assicuro che quei ciapati sono i migliori che io abbia mai mangiato. Anzi, i migliori del mondo. In assoluto – come si dice.
Abbiamo deciso di concedere a qualcuno il privilegio di assaggiarli: li mettiamo in vendita. Non a casaccio però, in balia di un pubblico che non li sappia apprezzare! Saranno ciapati numerati, come le riproduzioni d’arte e come le Ferrari. Da uno a cinquanta e basta… anzi, da uno a trenta.
Il prezzo? Pagatevi il viaggio per venirci a trovare, e ve li diamo gratis.
BUONA PASQUA!