La frase del Vangelo “Vieni e vedi” (in inglese “come and see”) è popolare fra i cattolici del Bangladesh. Diocesi e istituti religiosi, maschili e femminili, chiamano “camensì” giornate “di discernimento” che organizzano per i giovani dopo l’esame di maturità. Vieni, vedi, poi se ti va e noi ti riteniamo adatto/a puoi diventare dei nostri.
Tutto bene, però mi ha sempre dato un po’ fastidio questo metodo inevitabilmente selettivo, che accoglie chi “ha la vocazione” e rimanda chi “non ha la vocazione”. Metodo in cui ognuno (diocesi e istituti, appunto) propone e seleziona per la “sua” vocazione.
Si può schematizzare in questo modo una chiamata evangelica?
Il PIME in Bangladesh ha una storia un po’ diversa per l’accoglienza di candidati: fino a pochi anni fa le porte erano chiuse, per paura di non dedicarci abbastanza alla crescita delle chiese locali. Ora sono aperte, ma non vorremmo infilare i giovani in un percorso obbligato: o con noi o niente. Si tenta di proporre un metodo formativo che agisce soprattutto attraverso l’esperienza, e che apre i giovani a pensare alla loro vita anzitutto come un dono da offrire, per poi scoprire come e con chi: con noi, con altri, nella vita matrimoniale… Siamo moderatamente soddisfatti di questa scelta, che cerchiamo di perfezionare con l’esperienza. Ci incoraggia sentire che anche i Fratelli della Comunità di Taizé, a Mymensingh, offrono a giovani la possibilità di un periodo con loro non con la prospettiva “dentro o fuori”, ma per uno sguardo completo e profondo sulle loro scelte di vita, orientate dal Vangelo.