Anni fa, nella mia posizione di cappellano semiufficiale degli stranieri che frequentano la chiesa del seminario a Dhaka, il coro mi chiese con insistenza di imparare qualche canto gregoriano. Mi diedi da fare con il Pater Noster e la prima difficoltà fu aspettare che il chitarrista, dopo molti ostinati tentativi, si persuadesse che non poteva accompagnarlo ritmandolo alla chitarra. Dopo la sua resa sconsolata e un po’ offesa, la preparazione procedette speditamente e arrivammo alla prima volta, durante una Messa domenicale. Stupore, compiacimento, complimenti… ma dopo altre due o tre volte, il chitarrista si prese la rivincita e a ritirarsi fu il canto Gregoriano, presto dimenticato.
In Myanmar, al seminario maggiore che raccoglie i seminaristi di tutto il Paese, due volte la settimana Messa, Rosario e altre preghiere sono in latino. Mi dicono che in alcune diocesi la gente sa cantare la Messa in Gregoriano (per la precisione la Messa “De Angelis”, e se i lettori giovani non sanno che cosa sia, peggio per loro!) Ci tengono, perché usandolo si sentono parte della tradizione universale e non piccolo gruppo isolato fra i monti. Ci restano male, se vengono a sapere che l’universalità del latino non c’è più…
Sulla qualità del canto, non mi pronuncio. Ma il problema non riguarda solo il Gregoriano!