Nella scheggia “Storia”, del 22 dicembre scorso, dicevo che l’impiccagione di due criminali della guerra del 1971 potrebbe essere con-causa di alcuni recenti attentati a stranieri; l'”amico di blog” Mario commenta: “mi domando se la condanna non sia stata anche una conseguenza (una specie di “rappresaglia”) di azioni terroristiche avvenute prima”. Rispondo che i processi ai criminali di guerra 8 anni fa erano nel programma elettorale del partito Awami League, che ha vinto forse anche grazie a questo. Dissotterrare inimicizie e atrocità vecchie di oltre 40 viene presentato come un atto di giustizia e di purificazione che ridà dignità al Bangladesh. Politicamente, ha permesso di colpire pesantissimamente il partito islamico Jamaat-ul-islam, di cui fanno parte quasi tutti gli accusati, e di dare un segnale di forza, oltre che di rilanciare i principi secolari e “laici” del movimento di liberazione. Non manca, credo, una componente di rivalsa personale: la primo ministro è figlia del Padre della Patria ucciso nel 1975 da quelli che poi hanno gradualmente fatto tornare in patria chi aveva avversato l’indipendenza, li hanno accolti in politica, hanno rimesso in gioco la religione islamica come elemento politico sempre più rilevante.
Mario scrive anche: “mi sembra che ci sia una connessione molto stretta tra il sentimento religioso e l’azione politica, e che la politica faccia di tutto per strumentalizzare la religione come strumento di controllo della vita delle persone, fino a vedere nella religione una possibile giustificazione di azioni terroristiche”. Questa “connessione stretta” c’è, ma trovo semplicistiche le posizioni di chi dà tutta la colpa all’Islam, come di chi riduce tutto ad un uso strumentale della religione fatto dalla politica. C’è un inestricabile groviglio di elementi da tener presenti, spesso confusi o indefinibili. L’Islam dalle sue origini – da quando Maometto ha assunto poteri politici, ha legiferato e governato motivando leggi e scelte politiche con rivelazioni ricevute – non distingue religione e politica, e si definisce come una religione capace di rispondere in pieno ai bisogni socio-politici dei credenti, oltre che a quelli personali. Nella storia questi princìpi, e la legge coranica o quella post-coranica non sono state applicate alla lettera che in pochi tentativi non concordanti fra loro e presto abbandonati; ma il principio e specialmengte la mentalità restano. Oggi, certamente politica ed economia usano l’Islam per i loro interessi, ma è anche vero che musulmani arrabbiati e frustrati per varie ragioni storiche e attuali, e convinti che l’islam sia ovunque disprezzato, osteggiato, perseguitato e “in pericolo”, cercano strumenti politici per riaffermare dignità, forza, dominio dell’Islam, e trovano nella religione non solo giustificazione, ma incoraggiamento ad usare la violenza. E’ dunque anche la religione che usa la politica. Dire che i giovani combattono e si offrono come terroristi suicidi perché pagati lautamente è una semplificazione grossolana. Molti di loro hanno motivazioni religiose o ritenute tali, radicate in una lettura dell’islam discussa e rinnegata dalla grande maggioranza dei musulmani, e tuttavia accolta e propagandata con efficacia da minoranze consistenti e attive.