Ozio

Mi sono accorto con disagio che ultimamente sono scarseggiate le “Schegge”. Un amico, con molta discrezione, invece di chiedermi perché non mi decido a scrivere, mi ha informato che i problemi tecnici legati al sito del “mio” blog sono stati risolti – e così mi ha fatto gentilmente capire l’antifona. Grazie!
Il fatto è che, da quando ho lasciato l’incarico di superiore regionale del PIME (novembre scorso) e mi sono trasferito come assistente in una parrocchia di Dhaka, molti si sono rallegrati con me, che finalmente avrei potuto riposare, prendere tempo, fare qualcosa di più leggero, visitare gli amici. Tra loro, qualcuno si è benevolmente preoccupato che non mi senta frustrato o depresso per l’improvvisa inattività, e, pensando che mi faccia piacere avere qualche cosa da fare, ha provveduto a fare proposte e chiedere collaborazioni che spaziano dalle confessioni alla revisione dei conti, dalle conferenze ai picnic. Il proverbio: “L’ozio è padre dei vizi” deve averli ispirati ad aiutarmi a non cadere nei vizi.
Il problema è che io vizi ne ho, però mi sento orfano di padre…

Madrelingua

P. Belisario, associato PIME colombiano, ha terminato il corso di bengalese, e in attesa di sapere a quale missione verrà assegnato, va a Mariampur per un po’ di “tirocinio”. Arrivato là, tocca con mano che, sì, il bengalese è capito, ma la lingua comune della gente è il santal, e la domenica una delle due Messe viene celebrata in santal. Non si  spaventa, e in pochi giorni impara a leggere le parti ordinarie della Messa. La settimana dopo mi telefona una ragazza santal che conosco bene, felice e commossa: “E’ arrivato un padre nuovo, e domenica ha già celebrato in santal! Si capiva benissimo. Pensa, subito ha voluto parlare come noi!” La ragazza è laureata, e parla benissimo il bengalese, ma la lingua dell’infanzia è quella che tocca il cuore…