Pellegrini?

L’anno della misericordia ha visto numerose iniziative nella piccola chiesa bengalese, compresa l’organizzaziomne di tre pellegrinaggi a Roma, con 40 partecipanti per ogni gruppo. Ancora scottati dall’esperienza del giubileo del 2000, quando un buon numero di “pellegrini” se la squagliò appena arrivati a Roma, questa volta vescovi, parroci, nunziatura, personale dell’ambasciata d’Italia tengono gli occhi bene aperti, e si fa un’accurata selezione a controlli plurimi per evitare imbrogli. Primo requisito, pagarsi in anticipo viaggio e spese di permanenza; secondo requisito, la chiara volontà di tornare presso la propria famiglia, o ai propri affari, o lavoro. Chi può permettersi di pagare il viaggio, certo non lavora a giornata né pedala su un riksciò… La preparazione è accurata, con tanto di ritiro spirituale, solenne promessa che si intende ritornare, e chiamata personale con esortazione del Vecovo al minimo sospetto. Conclusione: del primo gruppo rimangono a Roma in 5, del secondo gruppo 5, del terzo gruppo 7. La tecnica, rispetto al duemila, è cambiata: si fa il pellegrinaggio completo, con la dovuta devozione. Il giorno della partenza si va all’aeroporto con i bagagli, si fa il check-in di gruppo e si prende la carta d’imbarco. Poi, mentre si aspetta la chiamata per salire sull’aereo, si “svanisce”. All’ultimissimo momento, ricerche, chiamate, imprecazioni, recupero bagagli… ma che altro possono fare il gruppo dei pellegrini veri e le loro guide? Quelli sono già su un treno per Parigi, o per la Germania, o magari in casa di un amico a Roma.