Una giovane donna, vedova di un terrorista ucciso dalla polizia pochi mesi fa, viveva con altre “militanti”, i loro figli piccoli, un ragazzo di 14 anni al pian terreno di un palazzo nella periferia di Dhaka. Proprio la vigilia di Natale, la polizia ha circondato la casa, intimando la resa. Dopo varie ore, la donna è uscita lentamente, tenendo accanto la bimba di 4 anni; le ordinano di alzare le mani, ma non esegue, accelera il passo verso i poliziotti e fa detonare la bomba che porta legata alla vita. Muore all’istante, la bambina sopravvive, in gravi condizioni. Il ragazzo, dall’interno, incomincia a sparare, e viene ucciso. Altre due donne si arrendono. Se ne parla con sgomento, e tutti si chiedono: com’è possibile? Non manca chi pensa di chiudere il discorso commentando: fanno loro il lavaggio del cervello… Non ne dubito, ma vorrei sapere quale detersivo usano per lavare così in fretta e così efficacemente il cervello di esseri umani.
Archivio mensile:Gennaio 2017
Caro P. Franco
Abbiamo ricevuto la sua mail di informazione su come stanno Anita e Amily, sull’andamento della sua attività, sulla situazione in Bangladesh.
Abbiamo ricevuto dal PIME di Milano i biglietti di auguri da parte di Anita e Amily così come le notizie su Snehanir. La ringraziamo per quello che fa e a tutti voi vogliamo comunicare il nostro affetto.
Per quanto riguarda la situazione ora in Bangladesh seguiamo su schegge ciò che sta avvenendo e ne rimaniamo un po’ sgomenti.
Volendo capire qualcosa di questa situazione difficile a livello mondiale e conoscendo solo superficialmente il passato di luoghi e persone di comunità ora così turbolente, rabbiose e distruttive ci siamo andati a leggere “Schegge”dal 2008, quando lei ha iniziato a scrivere.
Ho stampato gli articoli più toccanti e al mattino durante la colazione ho letto ad alta voce i tanti articoli, stimolo per una condivisione e riflessione sui contenuti.
Ci è servito molto per capire; il Bangladesh era un esempio di come possano in pace convivere cristiani, musulmani e indù nel rispetto di ognuno. Non è più così e questo cambiamento è da tempo che sta presentandosi?
Dall’articolo Il vaso di Pandora e poi altri abbiamo un po’ intuito la situazione che ci sembra peggiorare.
Forse è anche un po legato alla trasformazione della vita in Bangladesh, come l’arrivo nel Paese di industrie che però tendono a sfruttare i lavoratori, conseguenze che ne derivano…ecc.
Ci chiediamo cosa possiamo fare e ci sentiamo impotenti. Siete nelle nostre preghiere, preghiamo tanto affinchè Gesù vi sostenga nella salute, nel vostro grande coraggio e fiducia. Siamo speranzosi in momenti più distesi.
Con tanto affetto un Buon S. Natale
*** e ***
PS. Che bei bambini, loro sprizzano di gioia
Non rivelo i nomi di chi mi ha scritto, perché non so se lo gradirebbero. Ma so che in calce a questa lettera ci potrebbe stare il nome di molti amici, a cui va il mio GRAZIE cordialissimo. Grazie a tutti quelli che ci sentono vicini, si sentono coinvolti, guardano al mondo con preoccupazione, ma con amore e desiderio di bene per tutti. Buon anno!
Rohingya
Nella baraonda mondiale di fughe, migrazioni, rifugiati accolti e cacciati, ospitati e imprigionati, ci sono anche loro, i Rohingya. Un gruppo etnico del Myanmar, di religione musulmana, piazzato nello stato di Rakhin al confine con il Bangladesh. Da anni, ogni tanto, si parla di Rohingya che fuggono in Bangladesh per sottrarsi alle persecuzioni dei buddisti birmani, e ogni tanto cresce la tensione fra i due Paesi, perché il Bangladesh accusa il Myanmar di “pulizia etnica” e atrocità, ma respinge i profughi, mentre il Myanmar dice che in realtà sono bengalesi, dovrebbero tornarsene al loro Paese, e non li vuol riprendere.
Difficile capire bene come sia la storia del passato e del presente. In Myanmar, i rapporti fra gruppi etnici dei monti e birmani si sono espressi in un cinquantennio di guerriglie dure e tenaci. Recentemente qualche specie di accordo è stato raggiunto, ma saltano fuori i Rohingya di cui poco si parlava prima. I musulmani sono noti per sopportare a fatica di essere minoranza guidata da altri, e – come nel sud della Thailandia – gruppi estremisti si sono fatti sentire con attentati e attacchi. Da parte sua l’esercito del Myanmar è noto per la ferocia delle sue repressioni e rappresaglie, e anche i politici di buona volontà hanno poca voce in capitolo. ISIS e gruppi radicali in Bangladesh ci sguazzano. Da qualche tempo vengono diffuse fotografie agghiaccianti con didascalie tipo: “Che cosa aspettiamo a liberare i nostri fratelli da queste atrocità?” “I buddisti continuano lo sterminio dei musulmani, ora in Myanmar, domani in tutto il mondo” – e così via. Ma un quotidiano bengalese ha fatto qualche facile ricerca, scoprendo cose interessanti. La foto di un giovane che corre con gli abiti in fiamme non è quella di un rohingya attaccato dai buddisti, ma di un tibetano auto-immolatosi in Cina. La foto di numerosi monaci buddisti accanto ad un impressionante mucchio di cadaveri, presentata come “un esempio di violenza buddista contro i rohingya”, è la foto di vittime di un terremoto in Cina, prima della cremazione ad opera dei monaci. Una ragazza, anch’essa vittima del fuoco, non fa parte del “genocidio dei rohingya”, ma è guatemalteca; scene di tortura di un film americano sono state messe in rete come torture di rohingya. Già varie volte minoranze etniche e religiose in Bangladesh sono state assaltate e saccheggiate per punire foto e scritte “anti-islamiche” su Facebook. Erano tutte false, ma il trucco ha funzionato non è detto che non funzioni ancora.
Preghiera
Padre, avevamo sentito che ti eri ammalato, e abbiamo pregato per te. Anche mia moglie ha offerto ad Allah il namaj (la preghiera rituale che si compie 5 volte al giorno), e poi ha offerto il pranzo a due poveri. Solo riso e lenticchie, ma come fare? siamo poveri anche noi…