Da qualche tempo, chi apre il mio blog si trova davanti agli occhi una foto di gruppo. Mi sembre giusto non lasciare nell’anonimato i giovani che vedete, e che mi sono cari. Di chi si tratta? Fanno parte della comunità Snehanir – Casa della Tenerezza – che 25 anni fa muoveva i primi passi grazie a un marmocchietto minuto, minuto che, in un villaggio della missione di Rohanpur, nessuno sapeva dove mettere: la mamma era morta e il papà non poteva tenerlo. Lo prese suor Gertrude, delle Suore locali “Regina della Pace”, appoggiata da p. Mariano Ponzinibbi del PIME, che aveva un cuore speciale per ammalati e handicappati. Poi il marmocchietto, battezzato Roby, venne colpito da poliomielite; sopravvisse, con le gambe irrimediabilmente compromesse, e ora lo vedete nella foto, il primo in basso a destra, sulla carrozzella, ormai alla vigilia della laurea e alla ricerca di un impiego. In maggio andrà a Singapore, convocato dalla squadra nazionale del Bangladesh per un torneo internazionale di cricket. Vi dirò chi vincerà.
Pian piano, al piccolo Roby si aggiunsero altri, la superiora delle suore chiuse un occhio, poi li aprì bene tutti e due e l’iniziativa divenne ufficiale, in collaborazione fra il suo Istituto e il PIME. Fra trasferimenti vari per trovare posti adatti e non troppo costosi, il numero cresceva, e alla fine la Provvidenza si fece onore, procurando benefattori che fecero costruire una bella casa per loro a Rajshahi. La comunità si delineò gradualnente come “mista” in vari sensi: piccoli e grandi (che aiutano i piccoli), maschi e femmine, con e senza handicap. Denominatore comune: tutti poveri in canna. Obiettivo, aiutarli a esprimere il meglio di sé e rendersi autosufficienti, o per lo meno capaci di gestire se stessi. Con una eccezione: Lilima (seconda da destra, in prima fila), che si esprime solo con improvvise grida di gioia e, per fortuna raramente, con il pianto; ha bisogno di essere assistita in tutto, e lo fa meravigliosamente Merina (alle sue spalle), che ha seri problemi di apprendimento, ma un affetto grande per Lilima, alla quale rende con gioia tutti i servizi necessari.
Al momento in comunità ci sono 42 bambini e giovani. In alto e in piedi, a sinistra, la curiosissima e originalissima Susmita, con la sindrome di Down. Subito sotto di lei, suor Dipika, che 12 anni fa ha rimpiazzato suor Gertrude, ha la responsabilità di tutto, e tira le fila con grande pazienza e passione. Al suo fianco Pauline, che nel gennaio scorso s’è sposata e ci ha lasciato; poi il sottoscritto, davanti a lui Merina e Lilima: di loro ho già detto. Davanti a me, e a fianco di Merina, c’è la mamma di Anup – 10 anni, che non può fare a meno di lei a causa di una grave distrofia muscolare; poi, ancora a sinistra ecco suor Shewly (Sciuli, il nome di un profumatissimo, piccolo fiore bianco), che aiuta suor Dipika e si diverte un mondo con i più piccoli – che nella foto non ci sono perché stavano giocando. Ne rimangono due: la prima a sinistra è Camilla, che dopo aver arrancato fino alla classe ottava, ha deciso che gli studi non sono il suo forte, e sta seguendo il secondo corso di sartoria e cucito, dove riesce bene. Ultima (nella foto), Niva, che ha quasi finito il College, ha imparato il linguaggio dei segni e ora insegna ai piccoli che hanno problemi di udito. Niva canta e suona molto bene, e sa pure organizzare danze cui partecipano anche ragazze in carrozzella.
A nome di tutti loro, e anche di chi non è rimasto inquadrato, auguro a chi ci legge una buona Pasqua e un cuore grande.