Chiedo scusa a Mario, perché soltanto pochi giorni fa ho trovato due suoi “commenti” interessanti del 9 e 20 giugno, in cui riprende le riflessioni di alcune “schegge” sul mondo islamico in Bangladesh, e altrove. Mario scrive: “Credo che per noi cristiani sia un mistero, tra i tanti, il nascere ed il prosperare di una religione come l’islam fondata da un profeta che era un capo religioso, politico e militare (definito da alcuni “un signore della guerra che non si faceva scrupolo di sterminare i propri nemici, con un harem di cui faceva parte, tra le altre, una sposa bambina”) e che si è diffusa (…) soprattutto grazie alla forza delle armi, ed attraverso conversioni forzate. Ma che, al tempo stesso, è professata oggi, tra gli altri, da uomini e donne che sono persone di pace, e persino santi e sante, secondo i criteri che ci dà il Vangelo per definire i santi”.
Mario continua toccando vari temi interessanti, che forse riprenderò, ma per ora mi fermo qui. Sì, credo proprio che la presenza dell’Islam sia un mistero. Se non sbaglio persona, il priore del monastero di Toumliline, decapitato dai terroristi insieme agli altri monaci durante la guerra civile in Algeria, scriveva che il pensiero della sua morte era accompagnato da un desiderio profondo, di riuscire – appena passata quella soglia – a vedere l’islam con gli occhi di Dio, di capirci qualche cosa. I tentativi di offrire una risposta teologica a questo “mistero”, sono stati molti, e veramente disparati. Da chi ha considerato Maometto come l’Anticristo, a chi vorrebbe che fosse considerato come i grandi profeti dell’Antico Testamento. A proposito, se è vero che Maometto ha fatto ricorso alla guerra, ha condannato a morte alcuni avversari, ha dato norme per la guerra (e qui la distanza da Gesù, dalla sua vita e dal suo insegnamento è davvero abissale), non credo però che sia giusto dire che “non si faceva scrupolo di sterminare i propri nemici”. Anche in questo, come in altri campi, si può ritenere che la sua opera abbia contribuito a “umanizzare” la disumanità della guerra – come in seguito contribuiranno le norme internazionali contro l’uso dei gas asfissianti, o quelle sul trattamento dei prigionieri di guerra, ecc. E lasciatemi anche aggiungere che in fatto di “sterminio” abbiamo la storia di Elia a ricordarci che l’uso della violenza non era considerato in contrasto con il dono e la missione di un profeta…
Qualcuno ha voluto considerare l’islam come una “eresia cristiana”, o come una specie di rimedio, che ha introdotto il monoteismo in un mondo pieno di idoli, colmando la lacuna lasciata dai cristiani che – divisi tra loro – non hanno saputo evangelizzare il mondo arabo. Molti “orientalisti” occidentali, fra cui alcuni profondamente cristiani, hanno ammirato molto l’islam dei sufi, a volte leggendo tutta la realtà dell’islam in questo ottica mistica e non politica, che in realtà era osteggiata dalla maggioranza dei musulmani e dei suoi leaders.
Non vado oltre, perché parlerei a vanvera. Aggiungo però che una “valutazione” di questo mistero preferisco farla proprio a partire dall’ultima osservazione che fa Mario, cioè dalle persone che lo vivono. Certo, ci sono i terroristi, o gli opportunisti, ma non pochi trovano nell’islam gli elementi che permettono una vita morale e spirituale degna di tutto rispetto, e anche di ammirazione. E’ questo anche l’approccio del Vaticano II, che non ha parlato – come spesso si dice – di “dialogo fra le religioni”, ma del rapporto con i seguaci di altre religioni, esprimendo rispetto per queste religioni perché in esse, e attraverso di esse, tante persone cercano risposte ai misteri, problemi, desideri più profondi, al senso della vita e del destino di ciascuno, ecc. In esse – aggiungo – alcuni vivono una santità (come Mario segnala) che ritengo frutto dello Spirito, il quale opera liberamente, oltre e spesso nonostante le strutture, le ideologie, le gabbie dogmatiche in cui un molti ci troviamo. L’islam, pensa qualcuno, è anche una sollecitazione, uno stimolo a noi cristiani a non banalizzare il rapporto con Dio, mantenendo forte il senso del mistero, dell’adorazione e dell’obbedienza, ricordando che l’incarnazione di Cristo ci permette una familiarità (Cristo nostro fratello, Dio nostro Padre) che è puro dono, stupefacente, da contemplare con adorante meraviglia, accompagnata dalla riconoscenza perché ci è dato di crederlo e viverlo; a differenza di altri, che pure sono a volte più rispettosi, e devoti di noi.