Quattro dita

Piccola e magra, cammina spedita indossando un burka nero che la copre da capo a piedi; attraverso la fessura per gli occhi, di pochi millimetri, s’intravvedono due lenti scure. Nero, ovviamente , anche il velo, e nere le calze (rare a vedersi in Bangladesh, rarissime in questa stagione). Dalle maniche lunghe escono mani guantate di nero, ma la destra lascia scoperta la punta delle dita, intrecciate con quelle di un bimbo che le cammina al fianco. Lo accompagna alla scuola non lontana, e ritorna subito, di buon passo. Ora, anche le quattro dita sono guantate. Nero integrale.

Benevolenza

In città la mentalità sta cambiando in fretta, ma per lo più è ancora diffuso un senso di rispetto per gli anziani e di pazienza verso di loro. Me ne avvantaggio largamente, ora che il mio parroco p. Quirico è in Italia per cure mediche che si prolungano, e io sono alle prese con una variegata parrocchia formata da cristiani provenienti da tutti gli angoli del Bangladesh, di varie condizioni economiche, sparpagliati, con tradizioni anche religiose e devozioni diverse. Si adattano con pazienza alla mia inesperienza e al fatto che debba pure tener d’occhio impegni precedenti che con la parrocchia non hanno nulla a che fare. Quando proprio le mie dimenticanze (nomi, date, appuntamenti, telefonate, ecc.), confusioni, gaffe, incertezze e inadempienze diventano macroscopiche, evitano critiche e brontolamenti. Chiedono soltanto – con squisita gentilezza: “A proposito, quando tornerà il parroco?”

Autodifesa

Non so se è un termine bengalese; in inglese la parola “char” ha un altro significato, ma qui viene usata per indicare le aree sabbiose che si formano ai margini dei grandi fiumi che attraversano il Bangladesh, Gange, Brahmaputra, e altri. Sono ai margini dei fiumi, o formano vere e proprie isole, sommerse durante la stagione delle piogge, abitabili negli altri periodi dell’anno, dove  migliaia di senza terra cercano spazio per coltivare qualcosa, far pascolare gli animali, pescare, costruirsi una capanna che, se la va bene e le piogge sono scarse, duri magari due stagioni. Una condizione forse paragonabile ai nostri montanari del passato che “facevano la stagione” estiva nelle malghe e nei pascoli alti; ma per loro i pascoli erano stabili mentre qui i “char” appaiono e scompaiono a capriccio dei fiumi: impossibile prendere possesso stabile, esibire diritti di proprietà, pianificare una assegnazione regolare… A rendere più varia e interessante la vita di questi seminomadi fluviali, ci si mettono pure i banditi, che con motoscafi veloci assaltano e depredano le barche, specie se trasportano animali, piombano di notte sui casolari isolati e li saccheggiano. Se uno di loro viene catturato dalla gente, verrà linciato sul posto, ma questo invece di spaventarli li incattivisce. In una zona del nord, lungo il Brahmaputra, i poveracci che vivono sui “char” hanno deciso di difendersi, chiamando un Santal a stare con loro un poco di tempo, per insegnare come si preparano e come si usano archi e frecce; un’arte che fra i Santal ancora è viva, per un poco di caccia, per sport, e per difesa.