Samuel, fino a pochi mesi fa, faceva parte del gruppo di studenti di College che vivevano con il PIME in parrocchia. Poi ha lasciato, e sta cercando una strada per realizzare altrove la sua voglia di aiutare il prossimo in necessità. Si è accollato la responsabilità di sistemare una scuola in condizioni precarie, a rischio di chiusura, caparbiamente tenuta aperta da vari insegnanti volontari, per assistere ogni mattina oltre cento giovani “diversamente abili”, in una zona rurale molto povera del sud. Ha partecipato qui a Dhaka ad una settimana di formazione per giovani coinvolti in opere sociali, organizzato e finanziato dal governo, iniziato proprio la vigilia di Pasqua. “Un buon corso – mi dice – bene impostato e interessante.” Unico cristiano fra i 72 altri partecipanti, da loro – musulmani – è venuto a sapere delle stragi di cristiani in varie chiese, e in vari hotel dello Sri Lanka. Unanime il dolore e la partecipazione che tutti hanno espresso, senza ombre di giustificazione: è una vergogna che dicano di agire in nome dell’islam. Certo quello non è il nostro islam… Ma questo atteggiamento, che ritengo ampiamente maggioritario, non è ancora riuscito ad esprimersi in azioni comuni, di massa. Troppa paura di essere considerati musulmani tiepidi, filo occidentali? Imbarazzo davanti a chi li accuserebbe di ignorare i morti innocenti dei bombardamenti americani?