Telefonate

Caso tipico numero 1. (squillo) “Hallo”. “Hallo”. “Hallo”. “Hallo”. “Hallo, hallo! Chi parla?”. “Hallo! P. Franco?”. “Sì, ma tu chi sei?”. “Oh padre, come stai?”. “Bene grazie, ma con chi parlo?”. “Stai proprio bene? Dove ti trovi?”. “Qui, ma non so con chi sto parlando”. “Ah, sei a Banani?”. “Sono qui, ti ho detto, aspettando di sapere con chi parlo”. “Ah, allora domani dove sarai?”. “Ti dico che mi trovo qui, sia oggi sia domani, ma vorrei sapere chi sei tu”. “Ma come, sono io!”. “Già, anch’io”. (tono stupefatto) “Non mi riconosci?” “No”. Ci siamo visti lo scorso anno, in gennaio, ero venuto a visitare la chiesa di Chittagong con un amico e tu eri lì di passaggio”. “Non mi viene in mente…”. “Ma se ti ho visto io”. (silenzio scoraggiato). (tono scoraggiato) “Sono il figlio di Shopon”. “Shopon?”. “Ma sì, Shopon, il cognato di quello che ti ha incontrato insieme a me a Chittagong!”…
Caso tipico numero 2. (rientro da un’assenza di 4 ore; mi aspetta al cancello del seminario, seduto nella guardiola). “Oh padre, sei arrivato”. “Sì, ciao”. “Dove sei stato?”. “Fuori”. (con aria di rimprovero) “E’ da questa mattina che ti aspetto”. “Appunto per questo, ti ho detto mille volte di non venire senza prima telefonare”. (con aria offesa) “Ma io ho telefonato!”. “Come hai telefonato? io proprio non mi ricordo”. “Ho telefonato due volte ieri sera”. “Ma se ieri sera avevo il cellulare spento!” “Ecco perché non lo sai, ma io veramente ti ho telefonato, e tu mi hai fatto aspettare tutta la mattina…”.