Cuore

Ogni mattina, prima dell’alba, con altre donne affamate come lei spazza le strade con lunghe scope. poi arrotonda il poco guadagno con elemosine che raccoglie alla porta del cimitero qui vicino. Scopando, trova fra la polvere una bimba di circa dieci anni, scheletrica, svenuta. La prende in braccio e se la porta nella baracca. Per tutto il giorno insieme alle vicine cerca di rianimarla, farla bere, ma non riesce. Chiama allora P. Gabriel, che si dà da fare e trova posto per lei dalle Suore di Madre Teresa. Mentre sistemano la bimba sul motorikscia per portarla da loro, la signora lo rassicura: “Non si preoccupi, se riescono a salvarla la prendo con me: ho già due figlie, si faranno compagnia”.

Donne

A. Un piccolo gruppo tradizionalista organizza una manifestazione accanto alla più grande moschea di Dhaka. Una donna scatta foto per conto di un giornale. Qualcuno incomincia a gridare: come mai una donna fa questo lavoro? Chi l’ha mandata? E’ uno scandalo… Urla e insulti s’intensificano minacciosamente, ma lei non si lascia intimidire e continua. Il giornale denuncia l’accaduto, sostenuto dall’ordine dei giornalisti. Il capo del gruppo dichiara che la critica alla donna fotografo era giusta, ma i modi no. E chiede scusa.

B. In un villaggio del Sylhet (Nord est del Bangladesh) improvvisamente gli altoparlanti dei bazar annunciano che d’ora in avanti è vietato alle donne frequentare il mercato, e che una multa verrà inflitta sia alle donne che trasgrediscono sia ai commercianti che vendono loro merce. I giornali denunciano l’accaduto, la polizia si dice alla ricerca di chi ha organizzato la faccenda, ma per ora nessuno è stato identificato.

Lieto evento

L’ostello di Lebubari, perso nella pianura allagata, è gestito dalla famiglia Sarker: padre e madre, 4 figlie di cui due sposate, un figlio, una nipotina di pochi mesi. La seconda figlia, mamma della bimba, risiede pure lei all’ostello con il marito che fa da maestro. La maggiore invece abita in un villaggio vicino, ma è sempre lì. Poi ci sono una altro maestro, cuoca con prole, guardiano, vicini di casa… insomma, quando vado trovo un sacco di gente e perdo il filo di chi è chi. Ultimamente, grande gioia in tutti: la figlia maggiore è incinta, nonostante vari medici avessero detto che non avrebbe potuto aver figli. Naturalmente mi congratulo, ma non tengo a mente per quale data il lieto evento sia previsto.
L’altra mattina mi telefona Thomas tutto contento e mi dice che è nato. “Ma che bello! Questa sì è una notizia, sarete tutti felici!” Chiedo se è maschio o femmina. Maschio. “La mamma sta bene?”. “Eh, sì, bene”. “Quando è nato?”. “Stanotte”. “In ospedale?”  “No no, qui all’ostello”. Poi Thomas parla dell’acqua che sale e minaccia di entrare nei pukur facendo scappare i pesci, borbotta qualcos’altro e ci salutiamo. La sera mi richiama e, cosa che avviene raramente, mi dice che la moglie vuole parlarmi. Noyon mi racconta che ha problemi ad una gamba, dovuti a un incidente di lavoro avuto anni fa e ora tornati, si parla di medici, di cure, ma non del lieto evento. Chiedo come sta il bambino, dice che sta bene e poi mi informa che è nato un vitellino.
La notte mi sveglio. Buio pesto, ma il tutto mi diventa chiaro. Thomas mi aveva informato che era nato non un baccia (bimbo), ma un bacciur (vitellino), e quando s’è accorto dell’equivoco non ha osato dirmi che avevo capito male, la sera ha fatto parlare la moglie, la quale pure mi ha dato il segnale indirettamente… e forse ancora adesso si chiedono se ho capito sì o no. Chissà cosa ha pensato quando ho chiesto se era nato in ospedale…!

Addestramento

Da lontano, vedo una bimba (5 o 6 anni), che di solito chiede l’elemosina da queste parti, mentre sta mangiando un abbondante piatto di riso seduta sul bordo della strada. Entro per un momento in un negozio, quando esco ha già finito e si passa soddisfatta la mano sul pancino nudo, visibilmente ben rimpinzato. Mi vede, mi corre incontro. “Come stai?”. “Bene, e tu? Hai mangiato bene?”. Un sorrisone e un “sì” entusiasta, poi… esita, lancia un’occhiata verso la mamma, si mette a piangere: “Dammi qualche soldo, ho fame, non mangio niente da ieri…”. Un buffetto sul mento impiastricciato di riso e curry: “Domani”.

Esultanza

Un provvedimento del ministero dell’Interno ha recentemente stabilito che gli stranieri che lavorano per la Chiesa (= missionari esteri) possono ottenere un visto di permanenza valido fino a cinque anni. Finora, al massimo si otteneva per un anno, spesso dopo parecchi mesi dalla scadenza, per cui la validità pratica (con la possibilità di andare all’estero e rientrare) si riduceva a cinque, sei mesi ogni anno. I missionari stentano a credere che finalmente sono liberi dall’annuale trafila di tempo, soldi, controlli di polizia e incertezza che li perseguitava. Il merito – dopo decenni di assoluta incuranza degli ambasciatori italiani – va all’attuale ambasciatore signora Itala Occhi, che ha fatto da apripista. Il provvedimento vale per missionari esteri di qualunque nazione.

Astuzia

Spingi, pesta, chiedi, arranca…mi avvicino con penosa lentezza alla porta d’uscita dell’autobus strapieno, che sta per arrivare alla mia fermata. Il buttafuori ha già gridato “Rampura TV. Uno scende!”.
Nota. Sugli autobus ci sono tre operatori: autista, cassiere, buttafuori. Quest’ultimo è il più indaffarato. Pencolato fuori dalla porta sempre aperta, batte grandi manate sulla lamiera per segnalare all’autista: “parti, fermati, rallenta”. Urla a gran voce altri ordini più precisi: “attento, schizza a sinistra, niente da fare, buca…”. Insulta riksciò e pedoni che non si spostano nonostante il muggito del clacson. Per tagliare la strada a qualcuno fa segno con la mano che “non c’è nulla da fare, passiamo prima noi”. Alle fermate (meglio, alle rallentate), spinge giù quelli che devono scendere (ma sa anche trattenerli quando moto o auto sorpassano l’autobus sfiorando proprio la porta da cui tutti scendono), afferra saldamente per un braccio i potenziali viaggiatori esitanti e li trascina dentro. Agli ingorghi scende e segnala all’autista come avanzare di un metro infilandosi in uno spazio apparentemente più stretto dell’autobus, o come districarsi da un “blocco uncinato” del traffico. È incaricato di bisticciare con gli operatori di altri veicoli quando necessario, o di calmare l’autista quando – travalicando i suoi compiti -è lui che litiga. Urla i nomi delle fermate, per favorire con benevolenza i passeggeri fa effettuare fermate straordinarie, dice quanti scendono. Sale sul tetto per caricare e scaricare bagagli… e svolge molte altre incombenze importanti che non elenco per non tediare.
Dunque, già ha detto che uno scende, ma ci sono pure io che m’affanno verso la porta: “Devo scendere anch’io!” imploro. Prontamente urla: “Un altro!”. Mi guarda meglio e precisa ad alta voce: “È vecchio!”. Stiamo arrivando. Il primo passeggero è saltato, io sono sul gradino più basso, esitante con una borsa in mano, l’autobus accenna già ad accelerare di nuovo. “È una donna!”, mentisce a gran voce. L’autobus si blocca, io scendo sicura, allontanandomi contenta e soddisfatta.

Pillole di saggezza

Scritte sui CNG, i tricicli a motore che fanno servizio di taxi nelle città: Ricordati che tutti lasceremo questo mondo meraviglioso – Dì tutti i giorni le preghiere – Pianta alberi, proteggi l’ambiente – Sono piccolo, non urtarmi – Manda i tuoi figli a scuola –  Non parlare di politica mentre viaggi qui – Allah è onnipotente – Dono di mamma e papà – La preghiera è la porta del paradiso

Figlio

Ogni mercoledì le “Blue Sisters” (= Movimento Missionario Charles de Foucauld, di Cuneo) distribuiscono gratuitamente medicine ai poveri, in un angolo del terreno della chiesa di Nayanagar, degli Oblati di Maria Immacolata. File lunghe, spintoni, tanta miseria e malattie anche semplici diventate brutte e dolorose per mancanza di cure elementari. S’avvicina una donna vestita bene, con in braccio un bel bimbo paffuto, sui 4 mesi di età. Non sembra ammalata. “Mio marito commerciava, si è indebitato in modo impossibile, non riusciamo a sopravvivere. Mi hanno detto che ci sono stranieri che desiderano bambini. Per favore, puoi comprare il mio?”.