Banchetto

Il “guru” dell’ashram s’è allontanato con la borsa e la sciarpa in testa, starà via almeno per qualche ora. Guardinghi, alcuni bambini si avventurano sul prato davanti alla Grotta della Madonna e iniziano a raccogliere foglie secche. Lascio passare dieci minuti, poi scendo con qualche caramella. Mi seguono con la coda dell’occhio: viene da noi o tira dritto? ci caccia via? Sono quattro, fra i 5 e gli 8 anni – mi pare. Rimetto in tasca le caramelle in più e mi avvicino a mano tesa: “Vi piacciono? le volete?”. Si guardano dubbiosi, poi la più grande sorride e le caramelle spariscono. Due parole, tornano a raccattare foglie e io torno all’ashram, ma poco dopo “sento” 8 occhi che mi scrutano da sopra il muretto della veranda. Mi volto: “Erano buone?”. “Sì, ma tu ne hai delle altre!”. È vero, ne ho altre 5. Parliamo un poco, le due bimbe vanno solo alla scuola coranica, i bimbi sono fratelli, prima e seconda elementare. Oggi vogliono raccogliere due sacchi, non uno solo, perché domani è la grande festa del Kurban, memoria del sacrificio di Abramo, e serviranno per cuocere la carne degli animali sacrificati… hanno l’acquolina in bocca. Discutiamo: che fare della quinta caramella? Al più piccolo? alla più grande? Decido io: la terrò per ricordarmi, domenica in città, di comprarne altre, così lunedì possono tornare a prenderle. Tutti d’accordo.

Si allontanano e si siedono in cerchio in mezzo al prato. Tirano fuori anche le quattro caramelle ricevute prima, le scartano tutte, le assaggiano, se le scambiano, commentano, ridono. Un banchetto.

A dire il vero…

Devastata dall’alluvione, la strada per Konnabari è una miriade di buche polverose su cui l’autobus salta come una capra impazzita. L’autista, baffuto e oliato come un attore dei filmastri indiani che affliggono le TV del subcontinente, guida come un criminale in fuga nei filmastri americani che affliggono le TV di tutto il mondo (eccetto Cuba, Nord Corea e Vaticano). Il clacson non si ferma un attimo, è un susseguirsi continuo di rikscio, camion, moto, folle che attraversano la strada fra una fabbrica e un cinema, un incrocio e un mercato. Ho mal di testa, sonno, fame, sete, sono arrabbiato con il mondo intero e non so quanto tempo ci vuole ancora per arrivare.

Candido, il giovanotto che mi siede accanto, usando qualcosa che assomiglia all’inglese attacca con le solite domande: di dove sei, che lavoro fai, quanto guadagni, perché non sei sposato, dammi un lavoro, perché qui sono tutti disonesti, portami in Italia… Poi s’accorge che sto rispondendo in bengalese e passa ai complimenti: “Parli bene! Da quanto tempo sei qui?” – “Complessivamente 8 anni”. “Davvero? Ti piace il Bangladesh?” 

Pausa. – “Sì”.

Ormai l’ho detto.

Ed è vero!

Chi l’ha vista?

Dal quotidiano in lingua inglese “Daily Star”: “Il santo mese del Ramadan inizierà domani, se oggi si avvisterà la luna del Ramadan. Un’agenzia di stampa informa che il “Comitato Nazionale per l’Avvistamento della Luna” s’incontra nell’auditorium della “Fondazione Islamica” alle ore 18 per decidere sull’avvistamento della luna. Il Ministro per gli Affari Religiosi e Presidente del “Comitato Nazionale per l’Avvistamento della Luna” presiederà la seduta.”

E gli altri?

In aprile s’è svolto a Chittagong un torneo internazionale di cricket fra Bangladesh e Australia. Alcuni giornalisti, strattonati dalla polizia, per protesta organizzano un breve “sit in” nel campo insieme ai loro colleghi, per ritardare l’inizio della partita. Le forze dell’ordine la prendono male: botte da orbi che spediscono 9 giornalisti all’ospedale, alcuni in gravi condizioni, uno a Singapore con il cranio fracassato. Un alto funzionario di polizia spiega più tardi che si è trattato di uno spiacevole errore perché, assicura, i poliziotti vengono sempre accuratamente istruiti a non picchiare i giornalisti, né i politici di alto livello, né le donne.

Complotti

In maggio si sono scatenati migliaia di lavoratori delle fabbriche di tessuti e abiti che pullulano nella zona nord di Dhaka e costituiscono – insieme alle rimesse degli emigranti – la spina dorsale dell’economia del paese. La protesta dei dipendenti di una ditta che non pagava gli stipendi da mesi è dilagata: duecento stabilimenti incendiati, centinaia i feriti, gli arresti, due morti in uno dei primi giorni. Le fabbriche sono poi state chiuse per una settimana. Scioperi, disordini, pestaggi e chiusure sporadiche continuano.
Gli analisti cercano le cause dell’inattesa rivolta. Complotto dei paesi vicini per rovinare l’industria bengalese e vincerne la concorrenza nella esportazione? Trama delle opposizioni per mettere in difficoltà il governo? Disegno di alcuni settori della coalizione al governo per rinviare le prossime elezioni? L’estrema sinistra che, “tanto peggio tanto meglio”, vuol creare una situazione come quella del Nepal? Estremismo islamico…?
Potrebbe esserci pure un’altra ragione: operai e operaie che hanno un contratto di lavoro di 72 ore settimanali (12 ore al giorno per 6 giorni la settimana) per uno stipendio mensile di 930 taka (10,94 Euro, potere d’acquisto = 43,76 Euro), straordinari frequenti, obbligatori e spesso non pagati, riposo settimanale spesso saltato, picchiatori in fabbrica per punire chi sbaglia, mafia che esige una percentuale dello stipendio, condizioni igieniche indescrivibili, stipendi spesso pagati in ritardo di mesi e ogni tanto qualche ragazza bruciata viva perché scoppia un incendio e i cancelli di fuga sono chiusi… potrebbero aver perso la pazienza.
Numerose ditte hanno un rapporto corretto con i dipendenti. Ma il quadro descritto qui sopra è diffuso, e quando la rabbia si scatena è difficile distinguere.