Mimanscia

Mimanscia è la traslitterazione, imprecisa, di una parola bengalese che potremmo tradurre “compromesso”, “accordo”, “pacificazione”… Ogni conflitto, divisione, disaccordo, separazione anche fra coniugi deve prima o poi, con l’aiuto delle autorità e della gente comune del villaggio, raggiungere una “mimanscia”. Per arrivarci, bisogna stabilire chi ha torto e chi ha ragione, e possibilmente rimettere a posto le cose rimediando all’ingiustizia. Però non è mai bene infierire su una parte, anche se colpevole. In un modo o nell’altro bisogna che anche il perdente si consoli, abbia la sua parte di dignità salvata – almeno formalmente o simbolicamente.
A noi occidentali, abituati a cercare la “giustizia” in assoluto, spesso la mimanscia dà fastidio, ci sembra in qualche modo un’ingiustizia forse peggiore. Ma esiste un caso in cui giustizia piena possa essere fatta? E’ forse sbagliato dare importanza ad una rappacificazione anche un poco rappezzata – e a scapito, a volte, di una impossibile giustizia piena?

Merci

Quando l’autobus è fermo sul traghetto, o l’auto al semaforo, la fila di mendicanti e di venditori ambulanti si fa ininterrotta. A parte il riso e l’olio, più o meno si potrebbe fare la spesa di una settimana – pesce compreso – senza muoversi dal sedile. Ma non tutto rimane uguale. Mentre i pop corn, pochi anni fa sconosciuti, hanno rapidamente invaso ogni angolo, perdono terreno i biscotti di miglio, le uova sode e le banane. Il riso soffiato piccante tiene bene. Presenza rilevante di patatine, arachidi e libri devozionali musulmani. Si fanno strada libri illustrati per insegnare l’inglese ai bambini, mentre le penne non hanno avuto fortuna. Quasi scomparse le medicine e le polveri-dentifricio…

Ci mancava

Dopo un’orgia di scioperi, manifestazioni, proteste, blocchi intesi a evitare che avvenissero le elezioni spudoratamente truccate dal partito al potere, nel gennaio 2007 i militari hanno spazzato via il governo mettendone uno “di emergenza” formato da civili. E’ tornata la calma, la gente era contenta. Per due anni hanno tentato di cambiare la classe politica, tra l’altro incarcerando anche le due ex primo ministro e capi delle rispettive coalizioni. Non ce l’hanno fatta. Mentre l’opinione pubblica diventava impaziente in attesa del ritorno democratico, hanno organizzato le elezioni e sono riemerse le stesse facce di prima. L’Awami League ha stravinto e per un anno e mezzo il BNP, perdente, ha tenuto un basso profilo. Poi ha ripreso coraggio, e ha organizzato per il 27 giugno un “hartal”. Motivazioni? Un’infinità. L’“hartal” è più di uno sciopero generale, perché vuole bloccare tutto, anche il traffico e le attività private, e viene imposto a tutti senza eccezioni. Nessuno ne sentiva il bisogno, ma stiamo ricominciando.

Diaconi

Venerdì 25 giugno Mintu, Jewel, Peter Chanel, Pius, Tapan, Tito, Utpaul vengono consacrati diaconi. Provengono da quattro diverse diocesi: Dhaka, Rajshahi, Khulna, e Mymensingh. Sono insieme da vari anni, un gruppo affiatato, simpatico e impegnato. Trascorreranno ancora un semestre in seminario poi, all’inizio del 2011, verrano ordinati preti. Promettono bene, speriamo che mantengano.

Cantare

Lo aspetto come avessimo un appuntamento. Appena ho oltrepassato, a piedi, il grande edificio di “United Hospitals”, da dietro una curva incomincia ad arrivare un canto bene intonato, forte, sempre diverso e nuovo. Pian piano si avvicina, finché compare un giovane che pedala faticosamente su un pesantissimo “van” , risciò con il pianale per trasportare merci. E’ sempre carico di scatoloni e casse e procede poco più che a passo d’uomo. Mi sorpassa, poi gira in una strada laterale e il canto si affievolisce fino a scomparire. Come riesca quell’uomo a trovare il fiato per cantare mentre fatica così penosamente, non lo so. Ma ci riesce. Ogni giovedì, alle 6.40 del mattino, mentre vado a celebrare l’Eucaristia dalle “Blu Sisters”.

Festa

I mercati durante l’inverno sono una festa di colori e abbondanza di verdure di ogni tipo, disposte sempre con molta cura e gusto nei cestini sui marciapiedi, bancarelle, risciò… Durante la stagione delle piogge i mercati sono una festa di colori e abbondanza di frutti, dal nobile, famoso, gustoso mango – quest’anno particolarmente abbondante – al nutriente jack-fruit (albero del pane), dal profumatissimo ananas all’umile boroi, senza dimenticare mele e arance importate e tanti altri.

Lago

Sembra un fiume – e mi dicono che lo è, largo dai 50 ai 70 metri serpeggia fra case eleganti, baracche, strade, si ramifica, percorre in lungo e in largo vari grossi quartieri della città. Ma l’acqua e’ ferma, dunque lo chiamano lago, il Gulshan Lake.” E’ una lunga striscia maleodorante, sporchissima, con le rive popolate da topi d’ogni genere, che convivono con baraccati del livello economico più basso, in “baracche” che in realtà sono tende, rifugi messi insieme con fogli di plastica, cartoni, bastoni, mattoni usati… Qua e là, due o tre mucche allevate con i rifiuti dei mercati, che danno un latte molto richiesto.
Un bel giorno qualcuno incomincia una campagna, cui varie associazioni e organizzazioni si associano. Le rive vengono vivacizzate da cartelli vari: “Non inquinate l’acqua”, “Non turbate l’ecosistema”, “Salviamo il Lago!” “Preserviamo la bellezza della natura”… Comitati e gruppi scoprono che molti palazzi sono stati costruiti allargando le rive a scapito della dimensione del lago, che rischia di essere completamente riempito. Proteste sui giornali, promesse delle autorità, manifestazioni di studenti e boy scout. Dai e dai, finalmente qualcosa si muove: vengono cacciati i baraccati, le mucche, le bancarelle con i venditori di te o di succo di canna da zucchero. Poi il municipio costruisce sulle rive un marciapiedi in piastrelle che permette una passeggiata “ecologica” lungo tutto il lago.
I baraccati si spostano in strade e stradette vicine, in condizioni ancora più precarie. Aspettano. Benestanti vanno a fare jogging lungo il nuovo marciapiedi, qualche rara coppietta ne approfitta. Poi il marciapiedi frana da una parte, si alza dall’altra, perde piastrelle. Torna una famiglia di baraccati, poi un’altra, poi un venditore di te, un altro che cuoce e vende “chapati” ; riappaiono alcune mucche. Pian piano il lago torna a popolarsi, con i fuocherelli per cuocere il riso alimentati, per qualche tempo, anche dai cartelli pro-ecologia e dai bastoni che li reggevano.