Zelo scolastico

Gli studenti che si sono iscritti al corso “Honors” nell’estate del 2008 si preparavano a sostenere finalmente l’ultimo esame del primo anno il 30 novembre 2010. Uno sciopero generale l’ha fatto rinviare sine die. Significa che in due anni e mezzo non hanno potuto completare il primo anno. S’allontana la possibilità che riescano a finire in sei anni il corso che dovrebbe essere di quattro.

Sick Shelter

Il 16 dicembre, festa della liberazione, celebrerà i suoi trent’anni di età lo “Sick Shelter” di Rajshahi, l’iniziativa forse più adatta ed efficace per dare aiuto agli ammalati poveri con spese relativamente ridotte. Accoglie ammalati soprattutto dai villaggi, li ospita, li accompagna da medici e ospedali, assiste nella degenza, accoglie di nuovo per la convalescenza. Il tutto in un ambiente familiare, semplice, dove ciascuno è incoraggiato a pregare secondo la sua religione, e l’incontro fra persone di popoli e fedi diverse diventa fecondo di riflessione, rispetto, spiritualità. Ha due sezioni, quella generale e quella per gli ammalati di tubercolosi. Ripensare al lavoro svolto significherà specialmente ricordare le persone che ci hanno creduto e lo hanno fondato o rafforzato. Qualcuno già ci ha lasciato, come la vulcanica fondatrice suor Silvia, e la sua collaboratrice suor Camilla – entrambe di Maria Bambina; P. Faustino Cescato e P. Mariano Ponzinibbi, del PIME. Si ricorderanno anche quelli ancora  vivi e attivi, magari in altri posti: suor Mariagrazia a Milano, P. Piero Parolari, che ha aperto la sezione TB, a Dinajpur, P. Zanchi superiore generale a Roma, P. Rapacioli, superiore regionale…

Arcivescovando

La famiglia è originaria del sud, dove Padrishibpur assomiglia a una piccola isola cristiana fra le tante isole e zone allagate abitate da Hindù e Musulmani. Il papà era chiamato “sadhu” (santo), perché avvicinandosi l’età anziana aveva lasciato ogni preoccupazione mondana, vestiva con il “doti”, portava la barba, pregava e girava di villaggio in villaggio, fino a scomparire – forse nella zona di Calcutta –  per rientrare in famiglia solo parecchi anni dopo. Lui racconta che il giorno della sua ordinazione sacerdotale un maestro musulmano facendogli le congratulazioni gli disse: “Ricordati che sei diventato prete anche per noi.” Ha sempre cercato, in seguito, di non dimenticare questa raccomandazione. Ha studiato a Lovanio (Belgio) e insegnato morale in seminario, poi – fatto vescovo della nuova diocesi di Rajshahi – ne ha impostato la fondazione dal 1990 al 1995, quando lo hanno trasferito a Chittagong. Qui ha dato grande impulso alla missione fra gli aborigeni della zona chiamata Hill Tracts, preso contatto con quasi tutti i diversi gruppi etnici, fondato diverse nuove parrocchie, e ha cercato di far fronte alle conseguenze di un ciclone colossale nelle zone basse, e dell’invasione di topi nelle zone collinari. In novembre, Patrick D’Rozario è stato nominato Coadiutore con diritto di successione dell’arcidiocesi di Dhaka. Significa che sarà il nuovo arcivescovo di Dhaka quando l’attuale – Paulinus Costa – si dimette. Presumibilmente l’anno prossimo.

Apologetica

Meno di due settimane per portarli in città, storditi dal traffico e ingrassati con sostanze doppanti; due giorni per venderli freneticamente su mercati sparsi ovunque; due ore per scannare centinaia di migliaia di bovini e di capre in occasione della festa del’Eid Kurbani, che fa memoria del sacrificio di Abramo. Ogni anno, nei giorni che la precedono, appaiono qua e là sui giornali articoli che spiegano come il modo “islamico” di uccidere gli animali sia il più indolore e “umano”. L’animale “non s’accorge neppure”. Scientificamente provato da molti ricercatori, “anche non musulmani.”

Domestica

Disturbati dalle urla, i vicini hanno chiamato la polizia, che s’è fatta aprire l’appartamento e ha liberato una bimba di 10 anni. Morto il papà un anno e mezzo fa, la mamma l’aveva messa a servizio presso una famiglia di città  – coniugi e tre figli – e poi s’è risposata facendo perdere le tracce. La bimba non conosce nessun parente e non ricorda il nome del villaggio d’origine. È denutrita. Non aveva un posto fisso dove dormire, se non il pavimento del bagno, né un pasto regolare, doveva essere disponibile giorno e notte. Tutto il corpo rivela segni profondi – recenti e vecchi – di battiture, bruciature, tagli, specialmente scottature con acqua bollente. I coniugi, arrestati, hanno detto che le davano solo “qualche piccolo schiaffo ogni tanto, quando disobbediva.”
Sono casi frequenti, spiegano i numerosi suicidi di domestiche giovanissime, e i numerosi omicidi travestiti da suicidi.

Festa

Ogni anno il seminario si apre per una giornata di festa con bambini, ragazzi, ragazze (e qualche grande) da cui i seminaristi vanno settimanalmente per dopo scuola, catechismo, o semplicemente per visitare i malati. Arrivano da varie parti della città in cui vivono isolati, e per molti di loro questa è l’unica occasione in cui incontrano tanti coetanei in un clima di amicizia, senza pericoli, in spazi puliti dove giocare. Messa, giochi, lezione per gli adolescenti, pranzo abbondante servito dai seminaristi, e poi gara catechistica e biblica. Quest’anno, il 15 ottobre scorso, i più bravi sono stati i ragazzini di un piccolo orfanotrofio a 20 chilometri dalla città. Quasi tutti indù.

Metor

Sono i fuoricasta che da secoli puliscono fognature, strade, pozzi neri, e fino a pochi anni fa passavano casa per casa a ritirare, dai rudimentali gabinetti delle famiglie abbienti,  gli escrementi raccolti in grandi padelle di terracotta. Erano disprezzati da tutti, ma preziosi, e non temevano concorrenza: nessun altro avrebbe mai accettato un lavoro del genere, a costo di morire di fame. Ma il sottoproletariato delle città oggi non va più tanto per il sottile. Negli uffici comunali si presentano ora anche altri poveri per ottenere il posto di spazzino, e i Metor si lamentano perché gli impiegati danno la precedenza ai musulmani, lasciando loro – indù – senza lavoro. “Non sappiamo fare altro, vi abbiamo servito da sempre, fateci lavorare.”

Treno

10 ottobre, grande manifestazione dell’opposizione nella zona vicina al ponte sul Jamuna, che unisce est e ovest del Paese. Il palco è allestito su un prato, a poche decine di metri dalla ferrovia. Sta per arrivare Khaleda Zia, capo dell’opposizione. Arriva, in ritardo di un’ora, il treno Dinajpur-Dhaka, che investe e uccide 5 persone. I dimostranti lo bloccano e incendiano, picchiano selvaggiamente il macchinista, derubano e picchiano i passeggeri, saccheggiano sistematicamente i vagoni. Inizia la sarabanda politica. Perché la manifestazione a poca distanza da una linea ferroviaria? Le autorità sapevano? Hanno dato il permesso? I cinque sono stati uccisi dal treno in corsa, o sono morti mentre tentavano di assaltare il treno? Le ferrovie erano informate? Come mai Khaleda, che avrebbe dovuto già essere sul posto da tempo, era invece ancora molto lontana? Si tratta di un complotto del governo? O dell’opposizione?
Risposte certe: nessuna.