Califfo virtuoso

Dopo avere accuratamente spiegato che il sindaco di Khulna, Talukder Abdul Khaleque, sentite varie lamentele a proposito del figlio maggiore, lo ha punito, riducendo così considerabilmente la corruzione e la criminalità nella città, un’insegnante ha posto ai suoi alunni la seguente domanda di esame: “Quali altre virtù, proprie del Califfo Omar, occorrono a Talukder Abdul Khaleque per diventare un sindaco ideale?”.
Pochi giorni dopo si sono svolte le elezioni. Il sindaco uscente, Talukder Abdul Khaleque, cui manca poco per essere virtuoso come il Califfo Omar, non è stato rieletto.

Occhio

Mi mancano gli “effetti speciali” linguistici per descrivere adeguatamente il traffico di Dhaka, quindi ne taccio. Dico che per mettersi al volante, oltre ad una notevole incoscienza, occorre una decisione spesso sofferta: “Non posso farne a meno”, seguita da un’accurata preparazione spirituale e psicologica: non mi arrabbio, non entro in competizione, respiro profondo, autocontrollo, esame di coscienza e pentimento, mente locale su dove mi trovo. Bisogna anche richiamare alla mente le esperienze passate. L’esperienza infatti insegna che non ci sono regole, ma criteri sì. Si sa, ad esempio, che i più aggressivi sono gli autobus, e fra questi, i bus urbani privati, senza biglietto, che non hanno nulla da perdere. Li vedi da lontano ammaccati, strombazzanti, scrostati, fumanti, con finestrini rotti e pezzi mancanti, ruggenti; incutono terrore, ma non sono veloci, c’è qualche possibilità di mettersi in salvo. I tricicli a motore, piccoli e tozzi, s’infilano ovunque come scarafaggi, quasi ruotano su se stessi, sono imprevedibili; ma se li urti il danno è limitato. Le moto vanno più sui marciapiedi che sulle strade, più contro mano che nella direzione ordinaria. Le auto private, pretenziose e luccicanti, strombazzano molto, orgogliose, ma spesso esitano: un micro-graffio e il cuore del proprietario sanguina. I riksciò sono i più fantasiosi, partono, fermano, si urtano, s’incoraggiano, ingombrano. Per fortuna, a colpo d’occhio vedi se sono stracarichi o no, e sai che sono lenti.
Meglio: erano lenti.
Torno a Dhaka dopo un mese, mi metto al volante, parto guardingo e… zac, un riksciò mi sfreccia davanti come un razzo: allucinazione? No, poco dopo un altro sorpassa deciso scampanellando… al terzo, m’accorgo che il rikscioala non pedala. In tutto uguali agli altri, si stanno diffondendo in città riksciò con aggiunta di motore elettrico, fragili tricicli con le prestazioni di una moto. Bisogna rieducare l’occhio, vincendo il pregiudizio: riksciò sì, ma lento proprio no!

Rendicontazione

Si tratta di cosa giusta e doverosa: enti, associazioni, onlus varie, e anche privati che aiutano economicamente i missionari per qualche progetto sociale, educativo, ecc. chiedono di sapere che fine fanno i soldi che hanno donato. Per questo il PIME ha preparato formulari e moduli da riempire con descrizioni e calcoli che rispondano ai canoni di una corretta amministrazione, con date di scadenza, fotografie, norme varie. Riempiti debitamente i formulari e fornite le ricevute, la “rendicontazione” è pronta, a disposizione di chi la vuol vedere. Tutto bene.
Ma se io capisco poco di amministrazione? Se il missionario Tizio inizia il progetto poi viene richiamato dal suo vescovo e il rendiconto viene scaricato su di me? Se il responsabile, un bengalese che non conosce l’italiano e sa un inglese incomprensibile, chiede aiuto, mi dà in mano un plico e se ne va? Se la cuoca ha usato tutte le ricevute per avviare il fuoco su cui cuoce il riso? Se il missionario Caio ne sa ancora meno di me, chiede che gli spieghi, e più io spiego, più ci confondiamo le idee? Assorbito, travolto, preoccupato, divertito, impegnato – e pure imprecante – per tutte queste cose, mi ritengo fortunato perché quando ho deciso di fare il missionario non le prevedevo: altrimenti avrei fatto il ragioniere…
“Tutta colpa della “rendicontazione” vorrei scrivere, per giustificare i quasi due mesi in cui non ho mandato “schegge”. Ma non sarebbe del tutto vero: la pigrizia ha la sua parte. E anche una meditazione che non vorrei concludere troppo presto: stiamo dando troppo tempo a opere e progetti?