L’aiuto economico a persone o famiglie, è veramente un aiuto?
Sì, quando si tratta di urgenze per situazioni eccezionali: malattia, ciclone, licenziamento. Devi solo prepararti a sopportare l’invidia degli altri, e i loro tentativi di prendere qualcosa anche se non hanno proprio nessuna situazione eccezionale.
E quando ti propongono un prestito per avviare un’attività che risolva i loro problemi?
Il sogno di tutti è un “cha dokan“, negozietto per servire il the: si avvia con pochissimo, non costa fatica, permette di chiacchierare con un sacco di gente. Ma può trattarsi anche di un riksciò (per uomini), una macchina per cucire (per donne), una motozappa, un triciclo elettrico, una somma per comprare sari e lunghi da rivendere…
Se dai il prestito, dopo poco tempo ti diranno che occorrono altri soldi, perché la concorrenza ha costretto a chiudere il cha dokan, il riksciò è stato rubato, se non compra gli occhiali non riesce a usare la macchina per cucire, il motore della motozappa s’è bruciato (non avevo i soldi per comprare l’olio!), bisogna cambiare la batteria del triciclo, le donne non vestono più i sari e gli uomini non usano più i lunghi... Perdi i soldi e guasti il rapporto.
Se fai un regalo, dopo poco tempo ti diranno che occorrono altri soldi, perché la concorrenza ha costretto a chiudere il cha dokan, il riksciò è stato rubato, se non compra gli occhiali non riesce a usare la macchina per cucire, il motore della motozappa s’è bruciato (non avevo i soldi per comprare l’olio!), bisogna cambiare la batteria del triciclo, le donne non vestono più i sari e gli uomini non usano più i lunghi...Perdi i soldi, ma il rapporto resta buono.
In entrambi i casi, ti sei assicurato a vita uno (o una) che ritiene di aver diritto a essere aiutato/a sempre e comunque, perché sei il suo “baba“.
Ma decidere di dire “no” è un tormento, tutte le spiegazioni che tenti di dare sono inutili, e ti rimarrà sempre la domanda: “Ho fatto bene?”
Archivio mensile:Febbraio 2014
Cinquantesimo
Il 16 gennaio festa tra le Suore dell’Immacolata -PIME: Suor Golapi (Rosa), popolazione orao, la prima ragazza bangladeshi che ha pronunciato i voti come missionaria nel loro istituto, celebra i 50 anni di vita religiosa. Ora è ovviamente anzianotta, e anche un poco svanita – ma non troppo. Ha un curriculum di tutto rispetto, con innumerevoli villaggi visitati, per anni e anni, una grande capacità di contatto, voglia di comunicare il Vangelo, di aiutare – e tanta preghiera. Viaggiava e agiva quasi sempre con l’italiana suor Mariassunta Giacomelli, ora ammalata e a Monza, che è rimasta la sua più cara amica. Quando ormai l’età avanzava, e si incominciava la missione dell’Istituto a Dhaka, entrambe erano state trasferite, e hanno continuato la loro missione in città, con lo stesso impegno, percorrendo scale e attraversando cortili, invece di sentieri, entrando in piccolissimi appartamenti invece che capanne. Un esempio proprio bello per le più giovani.
Significati
Una lingua va imparata anche sui libri, ricordando però che spesso non registrano tutte le sfumature di significato. L’esperienza insegna che:
Poramorsho significa:
a. Secondo i libri: consiglio, suggerimento. Es. Che cosa mi consigli (poramorsho deo), compro questa bicicletta o quell’altra?
b. Nella vita: aiuto finanziario. Es. Padre, devo parlarti, ho proprio bisogno di un tuo “poramorsho”
Ashirbad significa:
a. Secondo i libri: benedizione, favore (celeste). Es. A Pasqua i preti benedicono (ashirbad dee) le case.
b. Nella vita: aiuto finanziario. Es. Padre, devo parlarti, ho proprio bisogno di una tua “ashirbad”
Khoma significa:
a. Secondo il dizionario: perdono. Es. mi ha dato un calcio in uno stinco ma l’ho perdonato (khoma diechi): era due volte più grosso di me.
b. Nella vita: aiuto finanziario. Es. Padre, ti ho detto un sacco di bugie e ti ho imbrogliato (ma solo una volta!), per favore dammi il tuo “khoma”
Nota: a differenza dei due termini precedenti, l’uso di “khoma” nel senso indicato è strettamente ed esclusivamente limitato ai casi in cui:
a. il Reverendo abbia smascherato il bugiardo e imbroglione al di là di ogni ragionevole o irragionevole dubbio, o possibilità di negazione.
b. l’individuo abbia urgente bisogno di un nuovo aiuto dal Reverendo stesso.
L’uso di “khoma” quando si possa ancora dire “non ti ho mai detto una bugia”, o quando non ci sia urgente bisogno di un nuovo aiuto, è assolutamente scorretto, improprio e inopportuno.
Sgonfio
Sono tutti preoccupati per il crescere del fondamentalismo militante, specialmente nel sud-ovest e nel nord. Appena salito al potere cinque anni fa, il governo di Hasina (Awami League) aveva iniziato a usare i metodi forti per contrastarlo, e a muovere i servizi segreti. Continua tuttora, con un certo successo. Ma qualcuno, compreso il capo del RAB (Rapid Action Battalion), il corpo di polizia che ha mano libera per intervenire ovunque e come vuole, aveva avvisato che la forza non basta, bisogna contrastare le idee che si diffondono. Il governo nomina allora il “Comitato di resistenza e prevenzione alla militanza”, che decide una serie di provvedimenti di sensibilizzazione: documentari e brevi film da proiettare nelle scuole e alle TV, pubblicità varie, lezioni e dibattiti nelle università, formazione degli insegnanti, e istituzione di cellule operative nei villaggi, formate dal corpo paramilitare degli Ansar (350.000 membri, distribuiti anche in zone remotissime) con gruppi di difesa locali…
Il Comitato, che doveva radunarsi una volta al mese, cioè 144 volte in cinque anni, s’è riunito 16 volte, mettendo a verbale sempre le stesse proposte mai attuate.
La “Islamic Foundation”, istituzione controllata dal governo, che ha il compito di difendere e diffondere l’Islam, ha cercato di influire sulle 260.000 moschee che si trovano in Bangladesh, esortando e preparando i 300.000 imam che vi guidano le preghiere e tengono i sermoni, a parlare contro l’attivismo radicale e violento. Poche migliaia hanno aderito, gli altri si sono rifiutati.
Un quotidiano commenta che il Comitato s’è trovato con le gomme sgonfie subito dopo la partenza; il “Ministro di Stato” che lo presiedeva dice che la campagna ha avuto pieno successo.
Affaroni
Alla sua destra, sta il venditore di banane, a sinistra quello di pile elettriche, poi quello di mutande e canottiere da uomo, poi quello di custodie per cellulari, poi la striscia di terra polverosa fra il marciapiede ed il muro si restringe e finisce. Il lustrascarpe che lavora all’angolo fra Mirpur Road e Asad Avenue a Dhaka ha la faccia corrucciata, tre denti, un sorriso luminoso, l’eloquio incomprensibile, molti tipi di spazzole, pennellini, panni, stracci, creme, vernici con cui fa un ottimo servizio. Una spazzola è a disposizione dei passanti che vogliono dare una passatina alle scarpe impolverate – gratis. Su un metro quadrato e mezzo di tela steso sulla polvere, sistema tutto – compreso se stesso, accoccolato dalle 9 alle 20. In più, mette in mostra alcune paia di scarpe usate (alcune anche di terzo o quarto piede), in vendita a prezzi davvero convenienti!
Effetto Francesco
Sollievo! Scioperi e blocchi sospesi a tempo indeterminato, mi rimetto finalmente in viaggio.
Rivedo con gioia i ragazzi di Snehanir (casa della tenerezza), diversamente e non diversamente abili. Natale? Benissimo, a casa! Ma so che sei ragazze e un ragazzo sono rimaste qui perché senza famiglia. “Spero siate state contenti anche voi!”. “Più di loro – mi dicono con fierezza – sai che per pranzo ci ha invitato il Vescovo e abbiamo mangiato a casa sua? E poi abbiamo ballato e cantato con lui…” Già, davvero un evento da ricordare. Riferisco al Vescovo del loro entusiasmo e lui, con semplicità: “Il Papa dice e fa, bisognava pure che facessi anch’io qualcosa! Ho invitato loro, e i ragazzi più poveri del quartiere. Ma ho sbagliato metodo. Non potendo andare personalmente, ho affidato ad alcune autorità del quartiere il compito di invitarli. E che han fatto? Mi hanno mandato i loro figli e nipoti “travestiti” da poveri. La prossima volta trovo un altro sistema”.
Emorragia
Questa volta, l’alta tensione, che è cresciuta gradualmente per tutto il 2013 con l’approssimarsi delle elezioni parlamentari, ha visto aumentare la violenza fino a raggiungere livelli mai toccati prima, se si fa eccezione per i 10 mesi di guerra di liberazione nel ’71. Sporadicamente ne avevano fatto le spese anche minoranze buddiste, indù e cristiane, con assalti a volte fomentati da ignobili trucchi, come mettere nel sito di un buddista affermazioni offensive per il Profeta e poi far circolare nei bazar la notizia per infiammare la reazione, o spargere dagli altoparlanti delle moschee la notizia che una moschea era stata assalita.
Dal tre gennaio, antivigilia del giorno delle votazioni, l’obiettivo di questa strategia si è focalizzato sugli indù, che sono la minoranza più consistente, con una serie impressionante di assalti ai loro negozi, abitazioni, templi.
Ma perché, quando la politica impazzisce lasciando il posto alla violenza, a farne le spese sono sempre inermi commercianti o villaggi indù, spesso remoti e poverissimi?
E’ un’eredità purtroppo antica. Il Bengala era buddista, poi indù, infine l’islam ha preso il sopravvento erodendo gradualmente la comunità indù. La politica coloniale ha giocato su queste divisioni, e la libertà, per cui aveva pacificamente lottato Gandhi, fatto nascere non un’India sovrana e unita, ma due stati, India e Pakistan, divisi su base religiosa. L’indipendenza (1947) fu insanguinata da stragi spaventose di indù in Pakistan, e di musulmani in India, con fughe in massa nelle due direzioni.
Il Pakistan voleva essere uno stato di musulmani e secolare nello stesso tempo, ma s’infilò in una serie di regimi militari, colpi di stato, mutamenti della costituzione di cui ancora non si vede la fine. Già nel 1950 scoppiarono gravissimi disordini con stragi e fughe di indù, e nel 1964 fu il governo stesso ad appoggiare le violenze contro di loro per costringerli a lasciare il Paese. Nel 1971 l’esercito pakistano tentò di impedire il distacco e la creazione del Bangladesh, e le prime vittime della crudele repressione e delle vendette furono anche questa volta gli indù, ritenuti sostenitori dell’indipendenza, tentando di metterli in fuga e di annientare la loro rilevanza culturale ed economica, che era di tutto rispetto. Moltissimi loro beni furono incamerati come “proprietà del nemico”.
Nonostante questo, alla nascita della nuova nazione la minoranza indù aveva una consistenza di circa il 25% della popolazione. Ma il tempo dell’armonia finì presto. Ucciso nel 1975 il fondatore del Bangladesh Mujibur Rahman, tornò gradualmente a farsi sentire chi considera gli indù nemici del paese, intrusi, proprietari di terre e beni che fanno gola. Ci furono di nuovo episodi sporadici di assalti e saccheggi, e l’emorragia di questo gruppo riprese lentamente, finché nel 2001 la netta vittoria elettorale del partito nazionalista BNP, con l’alleato fondamentalista Jamaat-Islam, aprì le porte a una serie di persecuzioni violentissime con stupri, saccheggi e omicidi in almeno 2.500 villaggi. Di nuovo molti se ne andarono, poi, dopo un altro periodo di calma, siamo arrivati ad oggi: si rivedono capanne e case bruciate, donne che piangono, uomini smarriti, file di profughi.
Vogliono creare problemi, interni e internazionali, al governo, vogliono formare una nazione esclusivamente islamica, vogliono vendicarsi delle oppressioni sui musulmani in India, vere e presunte, e non mancano i fondamentalisti più radicali che ritengono che questi “infedeli” non abbiano diritto di esistere. Vogliono impadronirsi dei loro beni, una ragione fondamentale che, miscelata con le altre, forma il micidiale veleno che distrugge le minoranze indifese.
Nessuno reagisce? Certo, reagiscono tanti! Partiti, organizzazioni civili, gruppi di buona volontà, intellettuali e gente semplice. Formano “catene umane” di solidarietà e per chiedere giustizia, aiutano, fanno quello che possono. Tutto questo conforta, ma la paura rimane.
Intanto, la minoranza indù in Bangladesh è scesa sotto il 10%. E poi?