Risorse

Diminuisce il numero dei missionari italiani, aumenta quello di altri paesi, molti dei quali poveri. Chiaro che la povertà, secondo il Vangelo, non è uno
svantaggio, ma un vantaggio per annunciare il Regno; anche per questo l’arrivo di missionari di nuova provenienza è una benedizione! Il cambiamento ci
porta ad interrogarci sulle risorse di cui disponiamo e di cui abbiamo bisogno. Anzitutto cercando di scegliere e dare la precedenza alle attività più
importanti, di usarle al meglio, di chiederci quale futuro possono avere quando passano in mano a chi non ha molti amici e conoscenti che aiutano con
generosità. Ci invita anche ad arrivare a passi concreti su una strada di cui parliamo da anni: come coordinare meglio il nostro lavoro e aiutarci fra noi,
perché la quantità del lavoro che ciascuno fa non dipenda prima di tutto dalla capacità di raccogliere offerte?
Ne abbiamo parlato di nuovo durante l’Assemblea della Regione PIME in Bangladesh (27-28 maggio 2014), presenti due consiglieri generali che avevano
concluso il loro giro di visite a ciascuno di noi nel proprio luogo di lavoro. Fa piacere costatare che, senza clamore, l’aiuto reciproco c’è da sempre; ora
vorremmo anche renderlo più sistematico e incisivo. Dibattito, decisione quasi unanime, ora vediamo se siamo capaci di cambiare in meglio…

Aia

La strada che conduce da Mithapukur a Fulbari si chiama pomposamente “biswaroad”, “strada mondiale”, perché si dice che faccia parte di un colossale
progetto che collegherà l’Afganistan con la Cina, attraverso il Pakistan, l’India, il Bangladesh, di nuovo l’India, la Birmania. Vi par poco?
Per ora, più modestamente, si accontenta di essere una strada nuova lunga circa 40 chilometri, bene asfaltata e liscia, piuttosto abbondante in curve, ma
comoda e poco frequentata. A differenza di quasi tutte le altre strade, non ha alberi che ne accompagnano il percorso, perciò è molto assolata. Si può
immaginare qualcosa di meglio per i periodi dei raccolti? Nel mese di maggio si trasforma in un’aia lunga 40 chilometri, ininterrotta serie di larghe strisce a
destra, o a sinistra, o da entrambi i lati, dove lavorano instancabilmente piccole trebbiatrici a gasolio, si batte e si ventila il riso, lo si fa asciugare
alternandolo a lunghi tratti di chicchi di granturco, si accumulano mucchi di paglia, si chiacchiera commentando il tempo, il raccolto, i prezzi… Tutti
contenti.
E gli autisti? C’è posto anche per loro, naturalmente: basta che facciano un poco di attenzione…

Messaggio

Naomi è una volontaria giapponese, in Bangladesh dal 1997. Attualmente è la responsabile della Comunità dell’Arche, che a Mymensingh ha una comunità
divisa in tre gruppetti di “diversamente abili” mentali, e volontari che vivono con loro. Poiché parecchi di questi volontari provengono dai gruppi aborigeni
della zona di Dinajpur, l’Arche sta pensando di aprire una nuova comunità qui, e Naomi è venuta a trovarmi per sondare il terreno, alla ricerca di contatti per
un primo approccio.
In una giornata molto calda, davanti ad una tazza di tè, con una lunga, tranquilla chiacchierata nel suo bengalese dall’accento insolito ma molto corretto,
mi ha comunicato la passione della sua vita. E mi ha pure offerto un’immagine che la esprime e riassume: quattro anni di tentativi e poi una gioia immensa,
quando uno dei loro “diversamente abili”, per la prima volta, è riuscito a bere un bicchier d’acqua – da solo!
“Questi amici nostri – mi spiegava – vanno all’essenziale; a parole e con i fatti ti chiedono in fondo una sola cosa: di voler loro bene. E te ne vogliono tanto.
Chi li guarda da lontano dice: “poverini”, ma sono i miei maestri, perché anch’io – come loro – di che cosa ho bisogno se non di essere amata e di amare?
Voler bene, nel modo più semplice e immediato, ecco ciò che noi scopriamo e continuamente cerchiamo e viviamo. Non abbiamo programmi e progetti che
cambino la società: si può forse fare un progetto che preveda quattro anni per imparare a bere da sé? Proponiamo, silenziosamente e umilmente, di
guardare la realtà con questi occhi e con questo cuore, capace di non considerare tempo perso la dedizione a tempo pieno anche ad una sola persona”.
Sì, questa di Naomi è davvero una proposta ”alternativa”, e lo è anche perché si trova alla portata di tutti. Guardare l’altro con occhi nuovi, di affetto. Con
umile e paziente tenacia.
Ce lo dice il Vangelo di Giovanni, che leggiamo nel periodo liturgico fra Pasqua e Pentecoste, proponendo alla nostra attenzione la chiacchierata finale in cui
Gesù ai suoi amici offre, chiede, propone amore.
Ora che gli anni aumentano e l’attività inevitabilmente deve calare, trovo il “messaggio” di Naomi di straordinaria verità. Fra non molto potrò soltanto offrire
un bicchiere d’acqua e nient’altro. Forse neppure potrò offrirlo, ma solo riceverlo; ma anche allora sarà possibile uno sguardo di riconoscenza, che accolga e
offra il volersi bene.

Bilancio Rana Plaza

Il primo anniversario ha riportato alla memoria e alla ribalta il crollo del palazzo “Rana Plaza” avvenuto a Savar il 24 aprile 2013. Vi persero la vita almeno 1.137 persone, innumerevoli i feriti, i mutilati, i danneggiati fisicamente e psichicamente.
Che è successo, dopo? L’indignazione ha smosso le acque, mobilitando organizzazioni internazionali e nazionali per offrire aiuti e soprattutto per fare in modo che disastri del genere non si ripetano. Ci sono stati risultati?
Le famiglie dei defunti, se le salme sono state ritrovate, hanno avuto somme in denaro; per molti feriti si sono organizzate istituzioni che ne curano la riabilitazione. Sono stati fatti accordi fra produttori e acquirenti perché si mettano in atto condizioni di maggiore sicurezza, e di lavoro più umano. Si sono visti maggiori controlli, ma la loro qualità costituisce un gran punto di domanda: quando la corruzione dilaga senza freni morali, più controllo spesso significa solo una cifra maggiore da pagare perché il controllore chiuda gli occhi nonostante il rischio che potrebbe correre.
Nel gran parlare che si fa, raramente si trovano persone che hanno voglia di capire senza partire dai propri dogmi ideologici e politici. Ognuno ha i suoi schemi e la sua valutazione deve per forza entrarvi, anche se la realtà – qui – è diversa e bisognerebbe tenerne conto. Un esempio per tutti: il ruolo che dovrebbero avere e il ruolo che di fatto hanno i sindacati sia nel difendere i diritti dei lavoratori, sia nell’intervenire specificamente per aiutare le vittime di questi eventi. Le parole che si usano sono uguali, ma le realtà cui si riferiscono sono diverse…
Nella vita quotidiana, i giovani che lasciano il villaggio perché devono assolutamente trovare un lavoro in fabbrica, rispetto a un anno fa trovano differenze? In molti stabilimenti le condizioni igieniche generali sono migliorate; il salario minimo è considerevolmente più alto; non assumono più chi non ha l’età minima; per tutti ci sono meno possibilità di essere assunti; gli straordinari continuano ad essere obbligatori, e sono molto più pesanti.

Camensì

 

La frase del Vangelo “Vieni e vedi” (in inglese “come and see”) è popolare fra i cattolici del Bangladesh. Diocesi e istituti religiosi, maschili e femminili, chiamano “camensì” giornate “di discernimento” che organizzano per i giovani dopo l’esame di maturità. Vieni, vedi, poi se ti va e noi ti riteniamo adatto/a puoi diventare dei nostri.
Tutto bene, però mi ha sempre dato un po’ fastidio questo metodo inevitabilmente selettivo, che accoglie chi “ha la vocazione” e rimanda chi “non ha la vocazione”. Metodo in cui ognuno (diocesi e istituti, appunto) propone e seleziona per la “sua” vocazione.
Si può schematizzare in questo modo una chiamata evangelica?
Il PIME in Bangladesh ha una storia un po’ diversa per l’accoglienza di candidati: fino a pochi anni fa le porte erano chiuse, per paura di non dedicarci abbastanza alla crescita delle chiese locali. Ora sono aperte, ma non vorremmo infilare i giovani in un percorso obbligato: o con noi o niente. Si tenta di proporre un metodo formativo che agisce soprattutto attraverso l’esperienza, e che apre i giovani a pensare alla loro vita anzitutto come un dono da offrire, per poi scoprire come e con chi: con noi, con altri, nella vita matrimoniale… Siamo moderatamente soddisfatti di questa scelta, che cerchiamo di perfezionare con l’esperienza. Ci incoraggia sentire che anche i Fratelli della Comunità di Taizé, a Mymensingh, offrono a giovani la possibilità di un periodo con loro non con la prospettiva “dentro o fuori”, ma per uno sguardo completo e profondo sulle loro scelte di vita, orientate dal Vangelo.