Programmazione

Subito dopo la terribile guerra per l’indipendenza (1971), volonterose ONG (Organizzazioni non Governative) progressiste, esperti di governi occidentali, specie nord europei e americani, e politici bangladeshi unirono le loro forze e investirono soldi per studiare come controllare la crescita demografica del neonato Bangladesh. Si fissò anche un tetto : questo paese non deve andare oltre i 60 milioni di abitanti – che sono pure troppi. Si fece un programma preciso per informare, distribuire contraccettivi, ricompensare chi accettava la sterilizzazione, facilitare gli aborti.
Siamo nel 2015. Gli abitanti del Bangladesh sono 160 milioni.

Premunirsi

L’ufficiale comandante di una stazione di polizia provinciale, ha denunciato un segretario locale del partito al potere, Awami League, per avergli ordinato, sotto pena di “gravissime conseguenze”, la liberazione di un membro del “Chattro Shibir”, la sezione giovanile del partito fondamentalista Jamaat-islam, arcinemico dell’Awami League.
In un successivo incontro, il segretario del partito ha tolto ogni dubbio circa le sue intenzioni: “Qui le cose vanno male, io sono il capo del partito ma tu stai facendo di testa tua, arresti a casaccio, per poi liberare dietro pagamento di centinaia di migliaia di taka che vanno in tasca a te. Tu devi arrestare quelli che io ti dico di arrestare, e liberare quelli che io ti dico di liberare… altrimenti qui non ci rimani.” Non ha mancato anche di spiegare il perché: “Se vogliamo restare qui anche dopo che perderemo il potere, dobbiamo tenere qualcuno, in mezzo a loro, disposto a non distruggerci; per questo proteggiamo qualcuno del Shibir, e teniamo qualcuno dei nostri in mezzo a loro”. Un quotidiano ha pubblicato questa notizia, senza informare su nomi e luogo. Certamente per evitare i fulmini dell’Awami League, ma anche a significare che questa non è un’eccezione…

Proliferazione

Erano 5.250 le “qoumi madrassah” censite dal governo nel 2008; ora, quando ancora mancano i dati di circa 50 province, si è già raggiunto il numero di oltre 12.000 madrassah con oltre un milione e mezzo di studenti. In Bangladesh, il sistema di insegnamento legato al Corano e alle moschee è molto frammentato. C’è quello “ufficiale” delle Aliya madrassah, con programmi approvati e controllati dal governo, che le sostiene economicamente, e ce ne sono molte altre, fra cui le più diffuse sono le “qoumi madrassah”, su cui il governo non ha alcun controllo; nascono e vivono senza neppure essere censite. Raccolgono per lo più studenti poverissimi, offrendo insegnamento, vitto e alloggio completamente gratuiti; ma avranno ben pochi e poveri sbocchi nel mondo del lavoro, perché sono considerati impreparati.
Finanziate da paesi esteri, si pensa che siano centri di formazione ad un Islam radicale, intransigente, in qualche caso che addestrino anche a combattere. Un primo allarme venne lanciato nel 2008, quando si scoprì un ingente quantitativo di armi custodito in una qoumi madrassah nell’isola di Bhola; fu l’occasione per effettuare il primo censimento, e il governo disse di voler esercitare un controllo, per dare poi certificati riconosciuti legalmente. Con un’immediata, energica levata di scudi, i leader di queste scuole dissero che non avrebbero mai accettato un controllo del genere, e che non volevano i soldi del governo, minacciando sfracelli se il governo avesse tentato di mettere in pratica il preannunciato controllo. Non se ne fece nulla. Ora, con sorpresa e preoccupazione, si scopre che queste scuole sono più che raddoppiate nel giro di 6 anni.

Mohespur

Dopo un forzato rinvio, dovuto alle difficoltà di circolazione causate dagli scioperi, il Vescovo di Dinajpur ha deciso che – sciopero o no – l’erezione della nuova parrocchia di Mohespur sarebbe avvenuta il 19 marzo, visto che la chiesa è intitolata a S. Giuseppe. Tutto s’è svolto tranquillamente, e anche il Nunzio apostolico è venuto da Dhaka per partecipare, e rallegrare gli uditori con vari simpatici aneddoti sul Papa, che fa sedere e offre un panino alla Guardia Svizzera di servizio alla sua porta, e organizza presso il colonnato di piazza s. Pietro un “beauty parlor” gratuito per i senzatetto di Roma… Tempo buono, clima di festa, soddisfazione dei Santal che sono la stragrande maggioranza dei fedeli di questa parrocchia staccata, insieme a 33 villaggi, dal grande territorio della parrocchia di Suihari (Dinajpur). Tanti i missionari che per decenni hanno seguito catecumeni e cristiani di queste aree, e fra loro P. Gregorio Schiavi che, pur non interessandosi direttamente del lavoro pastorale e di catechesi, ha avuto un influsso notevole per accostare alla Chiesa. Poco appariscente ma tenace e importante anche la presenza fedele delle Suore locali “Shanti Rani”, con i loro servizi nell’area della salute e dell’istruzione. Primo parroco è P. Pierfrancesco Corti, sprizzante entusiasmo pienamente condiviso dal suo aiutante, il “giovane” p. Paolo Ciceri. Oltre 2.100 i pasti serviti, e consumati con soddisfazione fra una danza e l’altra.