Finalmente ho riaperto l’indirizzo delle “schegge”, che non tocco da settimane. Con molto disagio, le ho lasciate da parte anche se mi ritornavano in mente spesso. Motivo?
Beh, certo, un grande affanno per far tutto il necessario prima di partire. Come avevo accennato nella mia lettera natalizia, lascio il Bangladesh. Per sempre? Per due tre anni, mi è stato chiesto; ovviamente nessuno può prevedere ciò che avverrà nei due o tre anni che penso di avere davanti a me. Nel frattempo, rinnovo il mio visto di permanenza in Bangladesh, perché se lo lascio scadere diventa praticamente impossibile ottenerlo di nuovo in tempi ragionevoli. Ciò significa che prima della scadenza dovrò ritornare per seguire le pratiche, che non non si possono fare dall’estero.
L’affanno sta nel selezionare materiale accumulato in 20 anni di lavoro, e congedarmi da persone conosciute e amate (magari con qualche smorfia…) negli stessi 20 anni (più cinque in precedenza).
Ma c`è anche un’altra ragione che mi ha tenuto lontano dalle schegge: s’è rotto il manico della scure con cui spaccavo la realtà in cui vivo, ricavandone pezzetti che offrivo agli amici. Iniziai a scriverle perché ritenevo impossibile offrire sintesi “globali” equilibrate, comprensibili e illuminanti della realtà di questo Paese. Il mio angolo di lettura sarebbe comunque diventato per parecchi lettori “LA” situazione del Bangladesh, con poche o senza sfumature: Paese tollerante, dove si dialoga… paese chiuso, intollerante, fanatico… paese povero, afflitto da miseria “disumana”… paese corrotto dove corrono fiumi di denaro… paese del dialogo… paese che discrimina le minoranze… paese cordiale, accogliente… paese violento… Insomma: che razza di paese è il Bangladesh?
Non pretendo di capirlo e di dirlo, perciò ne ho descritto qualche pezzetto, colto occasionalmente di qua e di là, nella speranza di offrire ai lettori frammenti di realtà, lasciando a loro la valutazione – se vogliono farla, e le conclusioni – se vogliono raggiungerle.
Le scrivevo spontaneamente, mi piaceva. Ma quando ho iniziato i preparativi per lasciarlo, ho capito quanto le schegge nascevano proprio dall’essere dentro questo Paese con naturalezza. La prospettiva di partire mi ha reso come estraneo. Scrivere di Bangladesh non è più un partecipare ciò in cui sono immerso, ma un valutare realtà da cui mi sto allontanando.
Qualcuno mi ha detto: “Segno che vuoi molto bene al Bangladesh”. Sì, tuttavia penso che questo mio modo di sentire non dipenda dal Bangladesh in quanto tale, ma da come la missione ci manda – ovunque. Se fossi andato in Papua Nuova Guinea, o in Brasile, o in Costa d’Avorio, ovviamente avrei scritto schegge diverse, ma con lo stesso spirito. Non ho scelto io di venire qui, anzi avevo un certo timore legato al fatto che mi sarei immerso in un contesto poverissimo, e a grande maggioranza islamico. Ma ci sono venuto con il desiderio di immergermi, incontrare, cercando la presenza di Dio qui (è arrivato molto prima di me…!) e lasciando che la mia fede in Cristo fosse sfidata da queste realtà. Anche quelle negative e inaccettabili.
Ci ho guadagnato tantissimo! Per questo, ora, andarmene mi costa molto.
Ma non chiedo di essere compatito; ringrazio, ma non è il caso. Lo dico, perché anche questa può essere una “scheggia”. Porto con me ciò che ho ricevuto, pian piano forse troverà una sua collocazione ordinata dentro di me; e allo stesso tempo spero di immergermi là dove andrò: anche là Dio è arrivato ben prima di me! E vado anche con molta curiosità, perché ogni realtà umana è un mondo nuovo da esplorare e da amare.
Dunque, “avanti con le schegge”? Non lo so: la risposta al prossimo capitolo…
p. Franco Cagnasso