“Cioè?” Il giornalista spiega con pazienza: “E’ un cambiamento della Costituzione – sa che cos’è la Costituzione? Lo ha effettuato Ershad, il generale dittatore, per garantire che tutte le decisioni prese da lui durante la dittatura diventassero legali. Ma il 26 agosto, grazie a lei, la Corte Suprema ha dichiarato che il 7° emendamento non ha valore, e tutte le malefatte di Ershad possono essere giudicate…” – “Grazie a me?” Siddique Ahmed, sessantaquattrenne maestro elementare, che vive in un villaggio del sud con due mogli e un figlio, è decisamente sconcertato. “Al bazar avevo sentito parlare del 5° emendamento, e avevo capito che era una porcheria, ma non sapevo che ci fosse pure il 7°. E allora che cosa succede?”
Era il 1985 quando il cielo cadde in testa a Siddique, arrestato per omicidio di una persona che non conosceva. Gli danno la libertà provvisoria dopo un mese e 19 giorni in carcere, e deferiscono il suo caso alla corte marziale, operante sotto la dittatura di Ershad. La corte non ha tempo da perdere: lo condanna all’ergastolo senza convocarlo. Ershad viene rovesciato da moti popolari, nel 1986 finisce la legge marziale, seguono elezioni e contro-elezioni, cambiano i governi. Vent’anni dopo, nel 2006, si ricordano di informarlo della condanna, e lo arrestano. Tre anni dopo il fratello va a Dhaka dove, consigliato dall’amico di un amico, spiega brevemente il caso ad un avvocato che si fa dare il numero della pratica e lo saluta. Nell’aprile del 2010 dicono a Siddique che può andare a casa “su cauzione” pagata da qualcuno. In agosto l’Alta Corte di giustizia, cui l’avvocato ha fatto ricorso a partire dal suo caso, dichiara invalido il 7° emendamento, quindi pure la legge marziale, e la corte marziale che lo ha condannato. Titoli cubitali sui giornali, esultanza dei democratici, Siddique diventa per qualche giorno un piccolo eroe nazionale. Poi un giornalista va a trovarlo, e anche lui lo viene a sapere.