C’è un gruppo particolare di bambini di strada, chiamati “tokay” , mi spiega il Saveriano P. Riccardo. Di solito non hanno più alcun rapporto con le famiglie. Vivono in gruppi, e si mantengono raccogliendo da strade e immondezzai carta, plastica, vetro, politene, legno, metalli… Forniscono piccoli rivenditori che volentieri, e senza farsi pregare, concedono loro un prestito appena ne hanno bisogno. Così li hanno in pugno: i debiti li costringono a fornire sempre lo stesso mediatore, e ad accettarne i prezzi, altrimenti qualcuno andrà a cercarli e saranno guai. “Ho provato più volte a pagare io perché fossero liberi – mi spiega il Padre -. Niente, i soldi vengono rifiutati. L’unica via d’uscita è la fuga, e poi aiutarli a stare nascosti, lontano, perché nessuno li ritrovi.”
Archivio mensile:Gennaio 2011
Piante
Il quotidiano Daily Star, per dar forza alle sue quotidiane campagne ecologiche e contro i vari inquinamenti, ha annunciato che intende far mettere a dimora un numero di piante sufficiente a rifornire tutta la carta che viene usata dal quotidiano stesso.
Perché?
Alcuni Koch, un gruppo etnico di cui non conosco quasi nulla, si stanno avvicinando timidamente alla piccola comunità di cristiani immigrati che da un anno e mezzo si sta formando a Uttora. Vivono in zone agricole a nord della città, o si sono urbanizzati in cerca di lavoro. Hanno perso tutte le loro terre, sono afflitti da alcoolismo e analfabetismo. Qualcuno si barcamena tra varie chiese e sette, cercando aiuti, altri sembrano sinceri nella loro ricerca di un orientamento nuovo che sperano di trovare nel Vangelo. A due di loro, presentatisi a nome di una ventina di famiglie, chiedo che cosa li spinge ad accostarci. Mi danno una risposta ciascuno: perché siamo stanchi di essere trattati da inferiori, allontanati, sappiamo che fra voi ci sono uguaglianza e dignità; perché vogliamo una strada che ci porti a vivere anche dopo la morte.
Tassametri
Erano entrati in funzione dopo una lunga campagna d’informazione, salutati da tutti con piacere. Finalmente ogni volta che si sale su un “CNG”, i tricicli a motore che fanno da taxi, non occorre contrattare e litigare sul prezzo: l’autista avvia e si paga quanto il tassametro – rigorosamente obbligatorio – segnerà. Buoni affari per chi vende tassametri, importati d’urgenza da vari paesi, e tutto fila liscio. Poi gli autisti incominciano a non caricare chi va troppo vicino. Altro passo: chiedere qualcosa in più quando si va in zone poco frequentate o insicure. Qualche mese dopo, molti dicono che il tassametro non funziona, e bisogna accordarsi. Entrano successivamente in circolazione CNG nuovi, dove manca il tassametro, introvabile sul mercato. E ora nessuno più si sogna di usarlo. Siamo tornati al vecchio sistema di discussioni e tira molla.
Primo annuncio
Nelle poche chiese di città frequentate da stranieri, ma anche nei villaggi, le celebrazioni natalizie, di notte e durante il giorno, sono protette da un numero consistente di poliziotti. Spesso è la prima volta che vedono un cristiano, e si stupiscono di sapere che esistono cristiani bengalesi. I poveretti arrivano piuttosto impacciati con la prospettiva di una notte al freddo, in mezzo a gente strana. Impacciati anche i cristiani, che li ricevono con fastidio, poi pian piano si “sciolgono” e offrono loro una veranda per ripararsi, un te’, la torta… Gradualmente, la formalità lascia spazio alla curiosità: il presepio, le celebrazioni, i canti, la gioia, i “kirton” (danze tradizionali natalizie). Fanno finta di niente, ma ascoltano pure l’omelia. A volte si spingono fino a dire: “Abbiamo religioni diverse, ma siamo tutti uomini…!” Un “primo annuncio” fuori programma, che di solito li vede andar via ben disposti, con un’impressione positiva.
Speriamo 2011
La previsione cui nessuno osava credere si è rivelata corretta: anche se le rimesse dei lavoratori all’estero sono diminuite, la crisi mondiale ha influito relativamente poco sul Bangladesh, tra l’altro perché la produzione di abiti e maglieria ha trovato nuovi mercati e sostituito altri produttori (vedi Cina) costretti ad alzare i prezzi. Speriamo…
Si sono messi in moto i meccanismi legali e le indagini che dovrebbero sfociare nei tanto preannunciati processi contro i criminali della guerra del 1971. Parecchi sono in carcere, specie i più noti. Si temono azioni disperate per tentare di fermare il tutto. Speriamo…
La Chiesa del Bangladesh si è data un bel piano pastorale triennale, con tanti buoni propositi. Pochi lo conoscono, pochissimi sembrano intenzionati a metterlo in pratica. Speriamo…
Le forze dell’ordine continuano a scovare depositi di armi e covi di produzione di bombe, e ad arrestare fondamentalisti islamici, ma sembrano lontani dall’averli resi innocui. Speriamo…
Nel Chittagong Hill Tracts hanno iniziato ad esaminare gli innumerevoli casi di conflitti a proposito di terra che i “settlers” (immigrati) bengalesi sottraggono agli aborigeni. Hanno promesso di attuare gli accordi di pace firmati nel 1998. Tutto però sembra già bloccato. Speriamo…
La Malaysia vuole rimandare a casa 350.000 lavoratori bangladeshi in un colpo solo, e non si capisce perché. Speriamo…
Sembrano in aumento le persone – aborigeni e altri – che si avvicinano con interesse alla Chiesa e alla fede cristiana. Speriamo…
Stress
Breve ritiro spirituale ecumenico. Guida la meditazione una simpatica signora americana, che parla del valore della domenica come giorno di preghiera, ma anche come momento di comunione in famiglia, riposo, relazioni sociali “gratuite” non legate al lavoro, e come condizione indispensabile per non lasciarsi travolgere dal vortice degli impegni, dall’ossessione del lavoro, dalla sensazione di essere indispensabili… Davvero brava. Al momento della condivisione, dopo la meditazione personale, il rev. Birbal, anziano prete della “Chiesa del Bangladesh” (anglicana) le dice sorridendo: “Signora, ha parlato bene, ma mentre ci diceva di non preoccuparci troppo mi pare che fosse troppo preoccupata per noi. Vede, noi bengalesi magari non facciamo le ferie, ma ce le sappiamo prendere qua e là: qualche ora con i nipotini, una buona dormita, cena dagli amici… La ringrazio tanto, ma stia pure tranquilla: non siamo stressati!”
Senza tetto
Poco dopo l’assassinio del marito nel 1982, il generale Zia-ur-Rahman diventato dittatore e poi presidente, la vedova Khaleda Zia si vide concedere in uso dal successore Ersad, pure lui generale e dittatore, e probabile ispiratore dell’assassinio, un’ampia palazzina con giardino all’interno della zona militare. Poi entrò in politica, divenne primo ministro, capo dell’opposizione, tenendosi la casa sempre più considerata come il suo punto d’appoggio per trattare con i militari e tirarli dalla sua parte, e per complottare in santa pace. L’attuale governo, guidato dall’arcirivale Sheikh Hasina, ha scoperto che la concessione della casa non aveva seguito le procedure legali, e che ai politici non è concesso abitare nell’area militare. Avvisi di sfratto, ricorsi in tribunale, manifestazioni di piazza, alla fine la signora è stata fatta sloggiare, e la Corte Suprema ha dichiarato che non aveva diritto di restare. Le conseguenze sono: le lacrime in TV di Khaleda, che si è dichiarata senza tetto (pur avendo altre due ampie case da altre parti), due (per ora) scioperi generali nazionali, mobilitazioni delle forze dell’ordine, scontri, feriti, decine di veicoli bruciati. Corre voce che a coloro che manifestano per proteggere la signora siano state comunicate le seguenti tariffe: una moto data alle fiamme, taka 1.000; un’auto, taka 10.000, un autobus, taka 30.000. I manifestanti si sono dati da fare.